A distanza di vent’anni i monologhi cambiano: tutti, anche i nostri, di noi persone sconosciute al grande pubblico, anche se non saranno mai immortalati in qualche film. Non poteva non esserci anche in T2 un monologo di Mark Renton: strafottente, dissacrante, eversivo nel primo film, nel sequel di Danny Boyle il tono del monologo è diverso. A 46 anni non può non essere diverso: disincantato, nostalgico, critico nei confronti delle novità del mondo, ma è un monologo che – forte dell’esperienza – mette in guardia, apre a possibili soluzioni costruttive, indica alternative valide per recuperare la vita persa. Dà speranza (?).
Certe cose si ripetono, la natura umana corrotta non cambia, ma con il tempo impariamo a correggere il tiro, a salvare il salvabile, a guardarci indietro per fare un confronto capace di recuperare i ricordi che contano. Per non buttare via proprio tutto.
[piccolo spoiler] Sorprendentemente…
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