“POPOPOPOPOPOPO… POPOPOPOPOPOPOPOPO!”

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“POPOPOPOPOPOPO… POPOPOPOPOPOPOPOPO!”

(attenzione: post antiretorico altamente retorico!)

Quand’è che ci si accorge dell’avvenuta morte di una nazione? In base ai dati economici? Al numero di opere costruite o rifacendoci alle statistiche demografiche? Al tipo di burocrazia che la strangola? Sì, anche… Ma è soprattutto in base al grado di retorica caratterizzante alcuni dei suoi principali mezzi di comunicazione che ci accorgiamo dell’entrata di un paese in una fase di coma farmacologico precedente il definitivo trapasso. Se la televisione è uno dei tanti strumenti di registrazione di questo andamento, allora basterà accenderla e farsi un giro tra i “canali istituzionali” per verificare come la retorica, non quella nobile esercitata nell’antichità classica ma la sua odierna versione banale ad uso e consumo di un ridicolo messaggio di stato che aspirerebbe ad alimentare false speranze in una popolazione disincantata, abbia già da molti anni prevalso sulla comunicazione di una novità che in effetti non c’è, manca all’appello, perché una spinta all’evoluzione non esiste in questa nazione peninsulare baciata esclusivamente dal sole e dai soldi del Recovery Plan.

Pessimista? No, realista che analizza la tv generalista.

La retorica pertiniana mandata in onda in loop e corroborata da un’iconografia resistenziale propinata a un paese che non ha più i mezzi per resistere se questi non gli vengono forniti dall’esterno (non userò in questo post quella parola abusata che inizia con R e finisce con ‘ilienza’): Mattarella, realisticamente, si sta dimostrando – non me ne vogliamo i socialisti ancora in vita e quelli riciclati – un presidente molto più “importante” del buon vecchio partigiano con la pipa che ai mondiali sentenziò “Ormai non ci prendono più!”. In realtà, come c’insegna la storia dell’ultimo venti-trentennio, c’hanno preso (e ripreso) e come, sì, ci hanno doppiato più volte e c’hanno aspettato al varco per ricordarcelo. C’hanno preso, e armati di un bastone a forma di euro ce le hanno date di santa ragione a ritmo di spread, agenzie di rating e bacchettate di varia natura.

E che dire della retorica del triplo “Campioni del mondo!” di martelliniana memoria, con cui campiamo di rendita dall’82 (al netto delle successive vittorie meno storicamente romantiche e ancora troppo fresche per risultare nostalgiche), come se una nazione potesse ricevere il necessario carburante morale e organizzativo, la spinta propulsiva per evolvere in maniera costruttiva, solo dall’entusiasmo derivante da una finale vinta. L’Italia, anche per tradizione cattolica oltre che per un fatalismo genetico, è un paese che crede molto nei miracoli (definiti “all’italiana” per il loro carattere di unicità), e non parlo solo del culo dimostrato ai rigori! Ci vuole culo anche a passare su ponti che forse crolleranno mentre passano “gli altri”, basta che vada bene a noi! Per la giustizia terrena c’è tempo (molto tempo) e ci penserà la magistratura che con lentezza tutto risolve.

Art.1: “L’Italia è una repubblica fondata su Techetechetè!”; hanno preso la massima “non c’è futuro senza passato” e l’hanno cronicizzata, l’hanno instupidita, perché non hanno altro da offrirci, perché le idee sono finite (a monte) e non sanno cosa metterci nel piatto televisivo, che è il primo in cui andiamo a ficcare il naso quando abbiamo fame. La soubrette morta diventa occasione succulenta per un revival nazional-popolare a suon di Padre Pio, fila sotto il sole per omaggiare il feretro e vecchi filmati in cui comici toscani parlano di ‘pucchiacca’; la nostalgia guarisce tutto e un paese come l’Italia che già prima della pandemia si trovava nella terapia intensiva delle idee, ora è come la sposa cadavere di Tim Burton: sembra viva, le danno un belletto fatto di Next Generation EU, ma di tanto in tanto le casca fuori dall’orbita un occhio, una funivia, una strada, un ponte, una montagna che frana dopo un po’ di pioggia…

E l’elenco degli strumenti retorici sarebbe lungo, lunghissimo: il “commissario antivirale” in divisa h 24 per ricordarci che siamo in guerra (il Badoglio “de noantri” dopo la resa incondizionata di Arcuri?) e che ricorda l’uomo forte alla guida delle italiche genti verso la salvezza (ne abbiamo avuto sempre bisogno); il commovente simbolismo retorico delle Frecce Tricolori che spargono ‘scie comiche’ sopra borghi e città ammiccando a un presunto efficientismo italico; “rubriche aperte sui diverticoli del Papa” parafrasando il fresco scomparso Battiato, il cantautore più antiretorico che la storia della canzone italiana ricordi; l’urlo di Tardelli inflazionato quanto quello di Munch; i filmati in bianco e nero di Pasolini mentre intervista la gente in spiaggia su questioni ammuffite e sorpassatissime (la retorica non ha colore o posizione politica; colpisce tutti democraticamente); il vecchiume impera sovrano “e noi zitti sotto” (con buona pace dei Måneskin), come c’hanno insegnato nel film “Non ci resta che piangere”.

Molte cose, apparentemente in controtendenza e “rivoluzionarie” ma alimentanti la stessa retorica seppure da angolazioni diverse (le nuove generazioni a volte sanno essere più vecchie dei vecchi), mi provocano il vomito: i giovani barbuti in stile “Isis calcistico” e tatuati-illustrati come se fossero La Domenica del Corriere degli analfabeti; le puttanelle televisive che sentenziano su questioni politiche e filosofiche e “influenzano”, accompagnate da decerebrati del loro calibro, le opinioni delle masse pecoresche che le osannano; i difensori della “cancel culture” che nel tentativo di fare la differenza col passato affossano pure le diversità che servono a non appiattire completamente il pensiero che non hanno; il politically correct che, come la “privacy” ricordata da Jonathan Franzen in “Come stare soli”, non serve a niente pur nella sua pervasività…

Comunque sia, stasera “Forza Italia!”. Le spacchiamo il culo alla perfida Albione (d’altronde le possiamo spaccare solo quello, calcisticamente) così impara ad uscirsene dall’UE senza continuare a soffrire insieme a noi!

Anche l'”odio” – nonostante il “Fumo di Londra” di Alberto Sordi – verso l’Inghilterra (forse più di quello verso la Germania) fa un po’ parte della retorica nazionale antiplutocratica e mussoliniana.

E sembrerebbe farci bene rispolverarla, di tanto in tanto, anche senza essere fascisti!

versione pdf: POPOPOPOPOPOPO… POPOPOPOPOPOPOPOPO!

The White Stripes – “Seven Nation Army”

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