Nota di Franca Canapini a “Pomeriggi perduti”

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Una gradita e ricca nota di lettura della poetessa toscana Franca Canapini alla mia raccolta “Pomeriggi perduti”

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… Arditi tizzoni ardenti schizzati dal braciere / di Poesia / ustionarono la pelle della dimenticanza…

Corposa, coinvolgente, con un risuono classico di fondo la raccolta di poesie Pomeriggi perduti del poeta campano Michele Nigro, convinto sostenitore del valore della poesia, parola-verbo d’anima che registra il tempo e i tempi, eternandone gli attimi comunque e nonostante, anche a sua insaputa.

“Non sarà ora che le vedrai / mentre ti chiedo di leggerle / ma in un giorno qualunque / venute fuori per caso…/ ritornerai su parole ignorate / come è normale che sia / da rimasticare / eppure sempre presenti / tra pazienze impolverate / e le cose da fare / senza pretese, a sperare di essere / se stesse, nient’altro che verbi d’anima / amate per quelle che sono / umili / silenziose / già eterne a loro insaputa”. (Poesia a sua insaputa)

“… la Natura / cattiva e giusta / inventò la Morte. / Ma l’uomo / condannato a finire come tutte le cose finite / scoprì il sacro fuoco della parola. / Arditi tizzoni ardenti schizzati dal braciere / di Poesia / ustionarono la pelle della dimenticanza.” (Fuoco eterno)

Invano si cerca un filo conduttore tra un testo e l’altro della raccolta. Ogni poesia si presenta in se stessa compiuta, con le sue argomentazioni e la sua forma, adattata al sentire del momento. Colpisce il discorso spesso serrato e ipotattico, colpiscono le numerose metafore, talvolta estreme. Il filo che potrebbe unire le singole opere può essere, come afferma lo stesso Nigro in un’intervista, la vita. La sua/nostra vita fatta di esperienze, emozioni, ricordi, pensieri, visioni critiche della società contemporanea, il tutto espresso con virile spietato realismo.

In Epitaffio, dedicata a Edgar Lee Masters, si presenta come un poeta “appartato”, proiettando se stesso in  Herman Coluccio, un personaggio di fantasia:

… “Qui Herman Coluccio,

seduto in quest’angolo

del West virginia

guardando le case

dei vivi, le cose dei morti

e la campagna dei padri

in ogni stagione voluta da Dio,

ha forse vissuto

le ore più serene

(non diciamo felici)

della sua apparente-

mente

inutile esistenza

in compagnia delle fredde stelle

e di un sigaro infinito

fumante parole”.

 

C’è miglior epitaffio

Per un poeta appartato?”

In effetti, scorrendo i vari testi, emerge la figura di un uomo che vive in un luogo che sente poco stimolante, ma che, nella sua ricercata solitudine, si tiene in costante dialogo con i vivi e con i morti, con la gente semplice e con i grandi della letteratura; e, come Herman Coluccio, si concede il piacere di trascorrere “pomeriggi perduti” in compagnia di un sigaro infinito, fumante parole.

Ci dà conto del suo approccio all’esistenza l’ex ergo con i versi di Walt Whitman che invitano ad accettare il potente dramma della vita solo per il semplice fatto di esserci e poter ad essa apportare un verso: una specie di nichilismo attivo, quindi, che gli permette di dedicarsi alla letteratura e alle cose del mondo, nonostante sappia che non c’è niente per cui davvero valga la pena muoversi.

E allora eccolo “apportare versi alla vita”.

La vita e il viaggio: ignoto viandante anonimo che, dentro una pieve di riviera, immagina tutti, nel tempo, gli “ignoti partenti su legni” che l’hanno visitata; oppure, viandante in fuga verso città sconosciute, “di notte o svegliando albe”.

La vita e l’amore, vissuto come una guerra “… mi occupi sovrana / con truppe di ricordi…” o con disincanto “… E ogni volta fingeremo di non ricordare le speranze appassite…”.

La vita e l’amicizia, nei bei ricordi di gioventù come in Caffè Albania; o nel dolore per la perdita di un amico “… statue di sale / si sciolgono / disarmate / sotto la pioggia / dell’esistere” (Amico che voli).

La vita e la storia, sentita come un agglomerato di morti le cui tracce e presenze persistono intorno a noi vivi come ombre con sbiadite forze “Ombre scivolano / leggere e bambine / sui passamano tarlati, / al di là delle datate lapidi / dove siete tutti? (Echoes)

La vita e la critica sociale, con l’invito a liberarsi del modo di vivere contemporaneo, sempre attaccati all’informazione e sempre staccati dal mondo naturale nella poesia Pomeriggi perduti, che elogia la lontananza dalla “civiltà” contemporanea a favore di un ritorno alla verità semplice delle cose del mondo: il vento, le nuvole, le piogge, gli alberi, gli uccelli. Solo questo ritorno potrà salvare dalla siccità interiore.

“Spegnete i saperi

elettrici di sera
i confortanti aggeggi

le reti a maglie larghe

delle bugie a colori,
i fogli stampati

destinati all’oblio
a traslochi incartati

con titoli scaduti.

Spegnete tutto!
La verità custodita
senza proclami
dal vento d’estate
da nuvole nere
e salvifiche piogge
a mitigare arsure
a decifrare siccità interiori
si poserà come unguento sulle ferite della mente offesa…”
(Pomeriggi perduti)

La vita e la natura, presente in molti testi ad addolcire i sentimenti negativi o rasserenare totalmente come nella bella Orchestra da campo tutta dedicata agli uccelli e al loro canto.

La sua vita, studiata e descritta bizzarramente con il metodo delle datazioni fossili nell’originale Dendrocronologia: “Circa 540 mesi / 16.200 giorni / 388.800 ore / 23.328.000 minuti / 1.399.680.000 secondi fa / giunsi per caso su questo pianeta. / Eppure già esistevo slegato e sconosciuto nei suoi elementi diluiti dal tempo…”

La vita e i luoghi dell’anima: intense le poesie (Poesia triviale di amore e morte, Opere sparse nel tempo, Grado celsius, Bisaccia, Vox populi, Le cose belle di sempre, La casa senza noi) che dipingono quadri di vita della gente della sua terra, dove lo stile si fa ancora più metaforico e sintetico.
“… tra le vie di quartiere, cerca casalinghe vedette / in vestaglie macchiate di figli / senza più il filo della lama smussato dal ripetersi / e dalla moda dei metoo.”
 (Vox populi)

“… la casa lasciata sola / non vissuta da aliti umani vapori di brodo sui vetri / e caldi sospiri di stufa. / Tra queste quattro mura inanimate si rifugia forse lo spirito / della storia che non conta / il tempo / perché tempi non conosce?” (La casa senza noi)

Sembra esserci nell’autore, sotto l’atteggiamento di disincanto, come una frattura profonda tra l’uomo di provincia che ama il borgo, la sua gente e le tradizioni e l’uomo urbano che ama affrontare le città sconosciute prima dell’alba in pienezza di libertà, e che non riesce a conciliare questi due aspetti di se stesso, tanto che torna sempre al suo “buen retiro”, sentendosi però in esilio. È la voce di un’anima in sospensione tra due paradigmi storici, tra due epoche portatrici di differenti valori. Non sceglie tra l’una e l’altra, sceglie di essere se stesso, in bilico, ma deciso a restare autentico, a non farsi piegare dalle illusorie promesse di una società tecnologica e consumistica.

Pomeriggi perduti di Michele Nigro è una raccolta poetica da leggere e rileggere, gustare e meditare.

(Franca Canapini)

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