Michele Nigro, La mummia di Lenin

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Un grazie sincero a “Poesia Ultracontemporanea” di Sonia Caporossi​ per aver pubblicato il mio componimento inedito intitolato “La mummia di Lenin”

Poesia Ultracontemporanea

Dinanzi alla porta
dello spavento supremo
immemori dei dischi incisi
delle carte stampate
del successo ai firmacopie
si cerca l’essenza del tutto
e tutto in una volta, in tempo
per la terra e l’oblio che avvolge.
La scrittura scava, arriva alla carne
ma non tutte le scritture scavano
e nel puntuale trapasso
grande è la disperazione.
Diliberto all’Italia avvertiva:
“La mummia di Lenin datela a noi!”,
sfilano feretri regali a Whitehall
ignari dell’essenza che vaga altrove
nelle scritture non lasciate, forse
negli istinti non espressi
nell’ombra delle cose importanti.

(Inedito)

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“Pomeriggi perduti” su Il Mangiaparole

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L’interessante recensione di Francesca Innocenzi alla raccolta “Pomeriggi perduti”, già pubblicata su questo blog, è stata riproposta sul cartaceo della rivista “Il Mangiaparole”, trimestrale di poesia, critica e contemporaneistica diretto da Matteo Picconi e Marco Limiti (Edizioni Progetto Cultura), e giunto al suo quinto anno di pubblicazione.

L’insostenibile pesantezza dell’essere (multitasking)

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L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELL’ESSERE (MULTITASKING)

Elogio delle urgenze

(Riflessioni messe in ordine durante una camminata veloce)

1) La vita è inevitabilmente “multitasking”; in questa nostra particolare era storica, poi, lo è ancora di più a causa di un progresso del cosiddetto “problem solving” – niente a che vedere con l’approccio epistemologico di Popper nella sua opera finale intitolata “Tutta la vita è risolvere problemi” – che porta l’utente nel giro di poche ore a “risolvere e re-impegnarsi” senza sosta (re-engagement), come il topolino che gira nella sua ruota, ovvero a mettere da parte un problema risolto per passare a quello successivo ancora da risolvere e se non c’è un problema a inventarsene uno nuovo dal nulla perché il multitasking aborrisce il vuoto, il non fare, l’ozio creativo. Deve tenersi occupato, in eterno allenamento per dare senso (o meglio, un “certo tipo” di senso) ai giorni dell’uomo del terzo millennio. Ma il fare non sempre è sinonimo di creare, anzi: il fare compulsivo distrae dalla vera creazione solida, permanente, meditata. L’elenco degli impegni da depennare contro la settimana di Dio descritta nella Genesi. Chi vincerà stavolta?

Il problema principale con il multitasking – proprio in virtù della sua caratteristica di “contemporaneità” delle azioni – è che sono state abolite le priorità tra livelli (anche nel medioevo l’uomo era multitasking nonostante una certa specializzazione corporativistica; bisognava essere in grado di spostarsi su livelli differenti di azione e questa capacità era soprattutto dettata dal ceto sociale a cui si apparteneva e quindi dalle disponibilità economiche): oggi che l’intera umanità è in gara per una vittoria sicura – perché così gli hanno promesso e l’umanità c’ha creduto! – tutti i livelli del multitasking sono al primo posto e quindi tutti sono diventati importanti anche se molti tra questi non lo sono affatto; una voce dentro di noi sa che non tutti i livelli hanno la stessa importanza e ce lo urla, ma noi ci giriamo dall’altra parte, diamo retta solo al programma che “processa” tutto contemporaneamente, e superiamo il suono di quella voce con altri rumori creati all’uopo per non farle acquisire udibilità. Tutto deve essere risolto, il fare viene prima dell’essere, del pensare, eventualmente del rimandare a un secondo momento. Durante un funerale, mentre passa il feretro, ci scopriamo a parlare di questioni condominiali con i vicini: la morte viene misurata in millesimi e le faccende terrene non ammutoliscono nemmeno dinanzi al sacro mistero della vita che finisce, e che esigerebbe silenzio e inattività riflessiva.

2) Non tutti i livelli di questa esistenza multitasking sono piacevoli: alcuni devono essere affrontati “obtorto collo” e le questioni fastidiose, le vicende tristi, gli impegni presi, vanno risolti con una razionalità quasi automatica, d’ufficio, che a lungo andare ci rende “robotici”, veloci, efficienti, produttivi. Anche la malattia ha un suo iter diagnostico supercollaudato ed efficientissimo: i vari passaggi fanno parte di un’esperienza scientifica acquisita che è diventata routinaria, scontata, istituzionale. Il progresso medico che alcuni decenni fa stupiva i primi fortunati, oggi è vissuto in una quotidianità che non sorprende più. Anche se la strada da fare per sconfiggere molte altre malattie, e per renderle affrontabili da tutti indipendentemente dal ceto sociale o dal reddito, è ancora lunga. Ma l’approccio alla possibilità di una guarigione è diventato accessibile, sistemico.

3) Per non morire dentro e salvaguardare la parte di noi non pubblica, non indaffarata, quella più intima, vera, autentica, immobile, dopo aver affrontato i vari livelli che il quotidiano ci costringe ad affrontare, c’è bisogno di sostare per un po’ presso un “livello superiore”, imparziale, non operativo ma contemplativo, che domini sugli altri, inferiori a loro insaputa, di una visione dall’alto che ognuno di noi realizza in base al tipo di ricerca impostata, alla cultura di appartenenza, al grado di sensibilità, oserei dire “di fede”… Un livello superiore strettamente spirituale o laico-filosofico, che dia un senso al nostro multitasking di cui non possiamo fare a meno, e soprattutto ristabilisca le priorità al margine del caos. Priorità che andrebbero di fatto a “smontare” e quindi ad annullare la caratteristica funzionale del multitasking.

Continua a leggere “L’insostenibile pesantezza dell’essere (multitasking)”

“Pomeriggi…” su CertaStampa, a cura di Massimo Ridolfi

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“… La poesia di Michele Nigro – è lampante – ha una qualità musicale evidente, rara da registrare nella scrittura in versi contemporanea, e non solo in Italia, che ormai si è addirittura staccata anche dalla prosa, che l’ha particolarmente contraddistinta a partire dal ‘900, che oggi ha così raggiunto un passo saggistico, concettuale, programmatico, tutto dentro uno scrivere versi che si è fatto troppo pensato, troppo a lungo meditato prima di farsi gesto e azione, perdendo l’ardore originale, il sacro fuoco. Su questo tema credo sia necessario fermarsi e concentrare il nostro pensiero critico d’ora in avanti, nel tentativo, non certo facile, di prevedere gli ulteriori sviluppi formali della scrittura di poesia, che potrebbero renderla “irriconoscibile”, non più tale, non più possibile; e la lettura della poesia di Michele Nigro invita a questo “ritorno” a un ragionare critico, perché è poeta di “terra”, che guarda e ci riporta, senza falsarne il peso, tutto quello che ha vissuto e visto, con il passo di una muta saggezza.” (Massimo Ridolfi)

Per leggere l’intera recensione a “Pomeriggi perduti”: QUI!

“Pomeriggi…” su Bibliovorax

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Alcune poesie tratte da “Pomeriggi perduti” sul “bookblog” Bibliovorax

Per leggere il post: QUI!

Intervista a Michele Nigro, a cura di Roberto Guerra

Ho avuto il piacere di rispondere alle domande di Roberto Guerra per un’intervista pubblicata su NeofuturismoAsino Rosso Ferrara. Segue uno stralcio…

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[…] Più in generale, come vedi oggi la poetica/cultura contemporanea? 

È meno audace, più uniformata a standard che, forse per ragioni generazionali, non comprendo e con cui non sono assolutamente in sintonia: dalla musica all’editoria, tranne rari casi, vige la regola per cui se esci da una scuola omologante o sei un autore affermato che ha già portato introiti, anche se in seguito scrivi boiate continui a usufruire di un certo “pompaggio” del marketing. In sintesi, viene portato avanti il personaggio che vende e non l’opera o, appunto, la poetica di un autore. Quindi, anche se lo scenario non è del tutto disastrato e irrecuperabile come potrebbe sembrare da questa mia risposta, in un sistema del genere di quale poetica si può mai parlare?

La cultura è una “cultura di piazzamento” e bisognerebbe parlare di “ranking poetico”. La colpa non è solo delle case editrici o  ̶  per dirla alla Battiato  ̶  degli “addetti alla cultura”, ma soprattutto di un abbattimento della qualità della domanda da parte di un pubblico impreparato e che ama volare in superficie, a pelo d’acqua, per mancanza di tempo e di un autentico interesse: a una poetica di ricerca, non subitanea e quindi poco accattivante, si preferisce il guitto che fa cantare il suo pubblico durante i reading, che va in tv tre volte a settimana, che riempie le sale credendo così di diffondere la poesia, che litiga sui social, che innesca polemiche politiche e alza polveroni mediatici per vendere meglio e di più… Parlerei di una “poetica mediatica” che è l’unica, oggi, a contare.

La cultura è la risposta che la parte pensante di una società dà ai problemi del tempo attraverso le sue opere: se la risposta è quella attualmente in circolazione nel mainstream, è evidente che sono mutate le esigenze culturali e, arrivo a dire, spirituali del pubblico che alla fine acquista una tipologia di prodotti. Non c’è soluzione, deve andare così. È la caratteristica dell’epoca. L’importante è essere coerenti con sé stessi e con la propria poetica. […]

Per leggere l’intervista completa:

Neofuturismo

Asino Rosso Ferrara

Roby Guerra Futurista

Per leggere la “versione small”:

CorrierePL.it

versione integrale pdf: Intervista a Michele Nigro, a cura di Roberto Guerra

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Nota a “Variazione madre” di Federico Preziosi

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Secondo alcuni lettori-“filosofi” la poesia contemporanea sarebbe caratterizzata da una prevalente ricerca estetizzante (magari fosse così!) a discapito di una linea filosofica che ne inquadri le motivazioni testuali, le spinte “sociali”, le ragioni che guidano le poetiche dell’epoca. Questa prevalenza causerebbe un vuoto di riferimenti che si traduce in spaesamento: che è poi ciò che dovrebbe innescare la vera poesia, quella autentica e ancestralmente rigenerante; se non proprio spaesamento almeno il non cadere nella tentazione di una compiutezza semantica che uccida il suono. Per alcuni di essi il vuoto spaesante deriverebbe dal fallimento di una logica ordinante incapace di ribellarsi al verso troppo libero. Ed è estremamente estetizzante – e quindi spaesante – la poesia di Federico Preziosi contenuta nella raccolta Variazione madre: tra Canti Disincanti – le due sezioni è una poesia carnale che come la carne viva, per nostra fortuna, si ribella a sua volta alla morte causata dal senso compiuto, dalla “solidificazione” dei soggetti e delle loro storie; una poesia che vuole stupire – forse addirittura scioccare – e stupire sé stessa, persino il suo Autore sul nascere, non solo il lettore che assiste al risultato stampato. La parola è ricercata ma mai addomesticata; le soluzioni al grido interiore sono istintive, scalpitanti, vive; immagini bellissime e crudeli s’intrecciano a formare la rete di un nuovo non detto; se non nuovo, sarà l’ennesimo, ma pur sempre originale: tutto concorre a raccontare una storia di pelle, di terra, di sangue, di sentimenti viscerali, naturali, antichissimi, che diventano elementi tangibili, vissuti con atti e verbi quotidiani, a volte forti, altre volte lievi. Un non detto che surclassa il significato finale che dovrebbe formarsi nella mente del lettore, ma non è mai un non detto povero e arido, anzi. Sfugge la “trama”, e la direzione della poesia è un mistero. Il farsi donna – nel momento più alto e caratterizzante dell’essere femmina, ovvero la maternità – non è mai vezzo sperimentale o filo-femminista bensì semplicemente suono che scava, ricerca, sviscera, ricorda, annota, descrive l’indescrivibile, il primordiale ormai rimosso; è calarsi in quei punti di vista speciali che la genetica nega all’Autore “invidioso”, incompleto, bisognoso di un’integrazione all’universalità. Combinazioni musicalmente geniali tra parole, dipingono superbi quadri privi di cornici: è la colonna sonora dell’esistenza che in assenza di recinti cavalca libera verso quei segreti che, finalmente, accomunano l’Uomo e la Donna nell’era dell’odio e dell’eccidio di genere. (m.n.)

Recensisco

Scambiamoci i libri!

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“Zelig e i nuovi anni 20”, su Pangea.news

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Il mio articolo “Zelig e i nuovi anni 20” (già pubblicato su questo blog, qui) è stato riproposto su Pangearivista avventuriera di cultura e idee, “una delle migliori rassegne culturali in Italia”, curata dal giornalista, poeta, scrittore e critico letterario Davide Brullo e che da sempre pubblica articoli interessanti e culturalmente stimolanti.

Per leggere l’articolo: QUI!

“Pomeriggi perduti” su Periodico Daily

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Ringrazio la giornalista Elena Canini per questa interessante, articolata e ben curata recensione/intervista alla mia raccolta “Pomeriggi perduti”, e l’e-magazine “Periodico Daily” per l’ospitalità…

“… Cosa le trasmette la poesia?

Quando leggo i “grandi” cerco di assaporare i loro versi e attraverso essi di riconoscere le esperienze esistenziali che li hanno direttamente o indirettamente influenzati. Ma più di ogni altra cosa, cerco di riconoscermi nel messaggio universale (quindi rivolto anche a me) che veicolano. Solo così la poesia “degli altri” diventa mia. La mia poetica, invece, come quella di ogni poeta, prende vita da un atto di “ricezione”: come antenne nel cielo, scriviamo ciò che percepiamo. Il trasmettere ad altri, il pubblicare, è una scelta secondaria che non deve mai prendere il sopravvento sulla sacralità della creazione…”

Per leggere l’intera recensione/intervista: QUI!

versione pdf dell’intervista: Intervista a Michele Nigro per “Periodico Daily”

L’intervista mancata a Ted Kaczynski alias “Unabomber”

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Più di dieci anni fa tentai di intervistare in carcere, per via epistolare, Unabomber: l’intervista (ne ero consapevole già all’epoca, ancor prima di ricevere il diniego ufficiale da parte delle autorità carcerarie) non si concretizzò a causa di una serie di motivi non dipendenti dall’intervistatore né, credo, dall’intervistato che, almeno in passato, è sempre stato abbastanza “generoso” con altri interlocutori in termini di comunicabilità epistolare con il mondo esterno; motivi “istituzionali” che raccolsi in un post pubblicato sul mio blog dell’epoca: “Nigricante”.

Nel rileggere a distanza di tempo i quesiti che avrebbero dovuto dar vita all’intervista e il “cappello” a questa, non posso ovviamente non notare una generale ingenuità da parte mia (ingenuità che, mi auguro, non abbia intaccato l’urgenza ancora irrisolta di quelle domande e l’importanza socio-culturale legata a esse) e soprattutto è evidente come il fenomeno dei cosiddetti social sia del tutto assente nella formulazione dei miei interrogativi in quanto ancora agli esordi e non incisivo come ai nostri giorni; fenomeno che oggi vedrei bene di includere nei punti dell’intervista riguardanti le ragioni di un certo tipo di influenzabilità sociale.

Segue il testo del post pubblicato nel 2010:

L’intervista mancata a Ted Kaczynski alias “Unabomber”

Alcuni mesi fa, interessandomi di Singolarità Tecnologica e dei “rimedi” proposti da chi vede nel fenomeno una seria minaccia per l’umanità, ebbi l’istintiva e per certi versi incauta idea di scrivere una lettera-intervista al detenuto Theodore John Kaczynski, tristemente noto anche come Unabomber, rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Florence (Colorado – U.S.A.) dove sta scontando l’ergastolo senza alcuna possibilità di sconti di pena o altre agevolazioni riservate a quei prigionieri capaci di avere nel corso degli anni una cosiddetta “buona condotta”.

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Theodore John Kaczynski is flanked by federal agents as he is led to a car from the federal courthouse in Helena, Mont., Thursday, April 4, 1996. Kaczynski, the suspected Unabomber, was charged with one count of possession of bomb components. (AP Photo/John Youngbear)

Lo scopo della mia lettera-intervista (Ted Kaczynski in questi anni di detenzione ne ha ricevute migliaia di lettere, certamente non tutte approdate nella sua cella) era quello di approfondire le tematiche decisamente interessanti, nonostante i metodi illogici e disumani adottati dal nostro ecoterrorista, contenute nel Manifesto di Unabomber (titolo originale: “La Società Industriale e il suo futuro“). Un “saggio” costituito da 232 punti in cui è riassunto, a volte in maniera lucida, geniale e convincente, altre volte scadendo in passaggi ingenuamente farneticanti, l’intero pensiero socio-ecologico, tecno-scettico quando non apertamente luddista, e rivoluzionario dell’ex matematico di Harvard e Berkeley.

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Allegata alla lettera-intervista una copia del mio breve saggio “La bistecca di Matrix”: una specie di piccolo “dono” o, se preferite, uno “scambio di opinioni” su questioni di interesse umanistico affrontate in maniera diametralmente opposta a quella di Kaczynski: boicottare in maniera pacifica… scegliendo! Dopo alcune settimane ecco arrivare la tanto agognata risposta ma non da parte di Kaczynski, bensì da parte dell’istituto penitenziario.

Continua a leggere “L’intervista mancata a Ted Kaczynski alias “Unabomber””

Nota di lettura a cura di Massimo Ridolfi

Una gradita nota di lettura a cura di Massimo Ridolfi ad alcuni componimenti tratti dalla raccolta “Pomeriggi perduti” e alla poetica che li anima, è apparsa sulla pagina “Letterature Indipendenti”; per leggere la nota e per ascoltare la lettura della poesia intitolata “Passo di sera”: QUI!

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Continua a leggere “Nota di lettura a cura di Massimo Ridolfi”

Moratoria poetica

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Avete ragione, care amiche e cari amici poeti (o forse dovrei scrivere poet* per essere al passo coi tempi) quando andate dicendo che oggi si pubblica troppo, che ci sono troppe raccolte (quelle degli altri però, non le vostre) di poesia in circolazione… Avete stramaledettamente ragione!
Allora facciamo una cosa onesta, democratica e sincera, una cosa che stesso la vostra giusta lamentela mi suggerisce, ed è la cosa più logica da fare: facciamo una moratoria delle pubblicazioni poetiche per un decennio (limitiamoci “sperimentalmente” al solo ambito poetico), di TUTTE le pubblicazioni poetiche, e torniamo – come credo e mi auguro stiate già facendo similmente al sottoscritto – a leggere esclusivamente i poeti estinti già assurti all’olimpo dei grandissimi verseggiatori, i “classici” per capirci, gli autori affermati e celebrati dalla critica… Meglio se sono morti: quelli vivi sì, sono bravi anche loro (alcuni), ma sono troppo vivi per essere già importanti. Se sono un po’ morti è meglio.
Leggere solo loro e non i coevi: questi ultimi sono da ignorare, più di quanto non lo siano già, ovvero ignorati, da parte di tutti noi. Se abbiamo detto che si pubblica troppo ed è complesso seguire tutti, va ignorato anche il già pubblicato recentemente, non solo ciò che si pubblicherà a breve.
C’è solo un modo per sfuggire al traffico cartaceo dei giorni nostri e alla conseguente (secondo alcuni e a ragione) scarsa qualità imperante causata da una certa (apparente?) disponibilità editoriale a pubblicare tutto e tutti. Il motto è o dovrebbe essere: “Diminuire la quantità per far riaffiorare la qualità” soprattutto quella passata. Ma siete disposti a sacrificare anche le vostre pubblicazioni? Quelle che ritenete (e vorrei vedere il contrario) validissime? Quelle che coccolate come figli, ritenendole necessarie al dibattito letterario e indispensabili per segnare quest’epoca dal punto di vista poetico? Ah no? Non lo siete? Non siete disponibili? Pensate che le vostre opere (e questo in fin dei conti è ciò che pensa ogni autore del proprio prodotto) siano meritevoli di esistenza? Che si debba comunque pubblicare, poi sarà il tempo dell’analisi critica (ma quale e quanto tempo?) a decidere chi sopravvivrà all’oblio? Allora sono solo “gli altri” che pubblicano troppo, non voi? Sono gli altri che con i loro ridicoli volumetti sfornati senza cura generano bailamme intorno al vostro capolavoro…
Ah, ho capito: ora mi è tutto chiaro in maniera cristallina!
 
A me comunque l’idea della moratoria piaceva…