“Sentimenti e tempo”… su Radio CantΓΉ

Domenica prossima, 15 maggio 2022 alle 21, non prendete impegni e sintonizzatevi su RADIO CANTU’… Durante il programma “POESIA E MUSICA ITALIANA”, condotto da Elena Capra, leggerΓ² un mio componimento, insieme ad altri Autori, sul tema “SENTIMENTI E TEMPO”… Letture accompagnate da tanta buona musica! 🎀🎧🎼🎹
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(Puntata riascoltabile in podcastβ†’ QUI! β†’ Il mio contributo – la poesia “Opere sparse nel tempo” – dal minuto 44:55)
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Segue comunicato ufficiale; FONTE: qui!
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Nella puntata di π—£π—’π—˜π—¦π—œπ—” π—˜ π— π—¨π—¦π—œπ—–π—” π—œπ—§π—”π—Ÿπ—œπ—”π—‘π—” di domenica 1️⃣5️⃣ maggio dalle ore 2️⃣1️⃣ parleremo di π—¦π—˜π—‘π—§π—œπ— π—˜π—‘π—§π—œ 𝗲 π—§π—˜π— π—£π—’, con noi π—˜π—‘π—­π—’ 𝗖𝗔π—₯π——π—’π—‘π—˜ docente, poeta e speaker radiofonico!
Ascolteremo sette poesie di: π—˜π—‘π—­π—’ 𝗖𝗔π—₯π——π—’π—‘π—˜ | π—šπ—œπ—”π—‘π—£π—œπ—˜π—₯𝗒 π—–π—”π—¦π—”π—šπ—₯π—”π—‘π——π—˜ | 𝗣𝗒𝗦𝗧π—₯π—˜π— π—’ π—©π—”π—§π—˜ | 𝗔𝗑𝗑𝗔 𝗠𝗔π—₯π—œπ—” 𝗕π—₯π—¨π—šπ—›π—œπ—§π—§π—” | 𝗖𝗔π—₯π—Ÿπ—” π— π—”π—Ÿπ—˜π—₯𝗕𝗔 | 𝗙π—₯𝗔𝗑𝗖𝗔 π—–π—”π—‘π—”π—£π—œπ—‘π—œ | π— π—œπ—–π—›π—˜π—Ÿπ—˜ π—‘π—œπ—šπ—₯𝗒 ||*gli autori leggeranno le proprie poesie
🎧 QUANDO | ogni domenica dalle 21 alle 22
πŸ’» RIASCOLTA le puntate https://www.mixcloud.com/Made999/
β–Ά Programma curato e condotto da Elena Capra
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Au revoir

Boccioni_La_madre

Non ti sbracci piΓΉ dalla finestra dell’alveare
per salutare quella promessa
donata al mondo, masticata e sputata
da lontano cara minuscola figura, alle partenze
mi accompagnavi con lo sguardo, pregando
fino all’angolo della fiducia.
Ricambiavo,
poi l’ebbrezza della libera autonomia.

A quei tempi le speranze
erano reali e i sogni ancora vividi.

Ora, solo uno stanco controllare
se si Γ¨ giunti vivi al giorno dopo,
il disincanto apre con rassegnazione la porta
a una prodiga presenza inflazionata.

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“Raccontare il silenzio”. Francesca Innocenzi su “Pomeriggi perduti”

RACCONTARE IL SILENZIO. SU POMERIGGI PERDUTI DI MICHELE NIGRO

Del titolo di questa silloge di versi di Michele Nigro colpisce il rinvio diretto ad un evento di perdita, che evoca tanto l’idea di spreco, di dispendio, quanto una nostalgica mancanza. I due significati non si escludono affatto a vicenda, essendo metonimicamente correlati, potendo cioΓ¨ legarsi in una relazione di causa-effetto; ciΓ² contribuisce a costruire un orizzonte di attesa, spia di una poetica incline ad oltrepassare il mero dato realistico e le sue pretese di univocitΓ . Sviscerando i nuclei tematici che emergono dalla lettura dei testi si coglie, non a caso, il binomio materialitΓ /immaterialitΓ : da un lato la conservazione, la collezione, l’accumulo, con un’attenzione al dettaglio numericamente quantificabile; dall’altro l’incessante fluire, la familiaritΓ  con il caos, la fuga dall’ordine dell’incasellamento. La conciliazione degli opposti si concreta in un’«estetica del caosΒ», segnale che mappa il percorso e scardina i paraventi con i quali l’individuo si autoinganna.

Si insinua tra le pagine una continua riflessione sull’essenza della poesia e sul suo possibile ruolo nel mondo. La poesia si configura come dimensione altra, che sussiste in parallelo ad una quotidianitΓ  consumistica. Nell’antitesi tra quiete e follia, tra suoni assordanti e silenzio, Γ¨ attitudine che consente il distanziamento dal frastuono. Nel ciclo inarrestabile del tempo, la parola tenta di fissare bagliori di Assoluto, condizione ignota, di lΓ  da venire, intrinsecamente connessa con la dimenticanza di ciΓ² che si Γ¨ stati. «… compagno di strada / mi Γ¨ il verso forte e ignoto/ ai salotti laureati/ nato da quel vivere/ che per altri vita non è»: questi versi possono considerarsi una dichiarazione di poetica, nella coscienza di uno scrivere nutrito dalla vita vissuta, voce sincera e controcorrente.

Ancora, la poesia disvela il senso di persone e cose che ci hanno preceduti, canale che raccorda il passato ad un oggi di ereditΓ  incerte; come l’amore, Γ¨ epifania e sostanza sulla frontiera dell’indicibile, antidoto contro l’effimero, rimedio all’immanenza. E – quasi una poetica del vago e dell’indefinito – sono le percezioni sensoriali a fare da ponte verso l’invisibile, nel superamento delle facciate ingannevoli, raccontando il silenzio (Β«sete di silenzio parlatoΒ»). CosΓ¬ accompagnano il poeta opere letterarie, come la celebre Spoon River, in grado di gettare luce sul reale, di polverizzare le illusioni dell’uomo che si crede immortale. I versi di Spoon (Β«il credersi invidiati/ o invidiabili, immemori/ dei vermi in attesaΒ») mi portano alla mente i crudi ammonimenti di Leonida di Taranto, epigrammista greco del IV-III secolo a.C.: «… con una simile struttura d’ossa/ tenti di sollevarti fra le nubi nell’aria!/ Tu vedi, uomo, come tutto Γ¨ vano:/ all’estremo del filo c’è un verme/ sulla trama non tessuta della spolaΒ».

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“Rock di sera…” in spagnolo

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Sprazzi tratti dal componimento “Rock di sera… buon tempo si spera!”Β (pubblicato nella raccolta “Nessuno nasce pulito”), e utilizzati come flashforwards intercalati nel testo del racconto lungo “Call Center, reloaded”, sono stati gentilmente tradotti in spagnolo dalla speaker radiofonica barcellonese Maria-Rosa Monferrer… che ringrazio di cuore!

Se pone el sol triste
de comienzo de Septiembre
en los grises aparcamientos perifΓ©ricos
vacΓ­os de humanidad errante,
entre relucientes vidrios de botella
y calmos retazos de juventud.
Al fondo, paisaje de autopistas
para elΓ©ctricas notas de prueba.
Las grΓΊas en el cielo rΓ³seo-azul
como pΓΊas dolorosas
sobre almas solitarias
esperan el rock nocturno.

Tramonta il sole triste
d’inizio settembre
sui grigi parcheggi periferici
vuoti d’umanitΓ  vagante
tra lucenti vetri di bottiglia
e calme schegge di gioventΓΉ.
Sottofondo autostradale
per elettriche note di prova.
Le gru nel cielo rossazzurro
come plettri dolorosi
su anime solitarie
attendono il rock notturno.

♦

Dejo a mis espaldas
engaΓ±os y medias verdades
mientras piso
el acelerador melancΓ³lico
de sangre y basura.
RincΓ³n sΓ³rdido de negra alegrΓ­a
y vacΓ­as pancartas blancas
a la espera de colores y ojos.
Cuando incluso la ΓΊltima
flecha doliente de sol
desaparezca tras nuevas tierras,
le prenderemos fuego al escenario.
Β‘Ponte sol, ponte!

Mi lascio alle spalle
inganni e mezze veritΓ 
mentre spingo
sull’acceleratore malinconico
di sangue e spazzatura.
Angolo squallido di gioia nera
e vuoti cartelloni bianchi
in attesa di colori e occhi.
Quando anche l’ultima
freccia dolente di sole
scomparirΓ  dietro nuove terre,
daremo fuoco al palcoscenico.
Tramonta sole, tramonta!

♦

EspontΓ‘neos aglomerados humanos
en busca de energΓ­a sonora
me recuerdan soledades
o viajes para un solo pasajero.
Imaginamos ser el centro
pero siempre estamos en la periferia
de nosotros mismos
y de nuestros sueΓ±os.

Spontanei agglomerati umani
in cerca di energia sonora
mi ricordano solitudini
e viaggi per un solo passeggero.
Ci illudiamo di essere centro
ma siamo sempre alla periferia
di noi stessi
e dei nostri sogni.

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Nota a “Canto del vuoto cavo” di Francesca Innocenzi

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Il vuoto: per alcuni un concetto filosofico-spirituale, totale negazione dell’idea di assoluto che apre a una sorta di ascetismo ateo, non mediato da divinitΓ  o da santi: una “mistica del vuoto” che, meditando sulla transitorietΓ  e relativitΓ  di ogni fenomeno, permette di raggiungere uno stato di distacco non solo dai beni materiali ma addirittura dalla stessa ascesi, dall’ego o dal bisogno di dio, un superiore e umano stato di serenitΓ  imperturbabile in cui il distacco dalla vita e la massima apertura ad essa paradossalmente coincidono. Per altri, invece, il vuoto, in maniera piΓΉ prosaica, ha una valenza estetico-architettonica, la funzione di ripulire i sensi dei tanto stressati occidentali da un overbuffering di dati visivi: un soccorso “zen” a esistenze consumistiche prese in ostaggio dal superfluo. “Vuoto di senso, senso di vuoto” cantava Battiato nel brano Il vuoto, riferendosi in questo caso a un vuoto negativamente inteso, a una sempre piΓΉ dilagante condizione di povertΓ  interiore scandita da un tempo affannosamente inseguito da un’umanitΓ  allo sbando.

In poesia il vuoto rappresenta laΒ terra promessa, la meta ideale del versificatore: questo indipendentemente dall’utilizzo o meno di una metrica ben precisa che addomestichi le sillabe o di esotiche forme metrico-stilistiche come i senryu o i tanka, cugini stretti dei piΓΉ conosciuti haiku, adoperati da Francesca Innocenzi nella raccolta intitolata “Canto del vuoto cavo” (ed. Transeuropa, 2021; collana di poesia: Nuova Poetica 3.0). Sintetizzare il segnale in uscita, scremare il verso, costringerlo in abiti rituali senza far perdere forza e significato al messaggio, che proprio perchΓ© ripulito dal superfluo di cui sopra, meglio risuona con la sua destabilizzante semplicitΓ . Un’asciuttezza da non confondere con un modaiolo minimalismo o un esasperante essenzialismo pseudo-ungarettiano che rasenta la banalitΓ : d’altronde la firma nipponica degli stili adottati dall’autrice rappresenta un chiaro intento di ricerca; non vi Γ¨ β€” come accaduto ad autori anche affermati, bisognosi di una fase a sentir loro zen della produzione β€” l’esigenza di semplificare i concetti perchΓ© Γ¨ la regola stessa del tipo di componimento scelto che determina la poetica e allontana tutti, autori e lettori, dall’equivoco di una fruibilitΓ  che non rispetta la poesia.

Componimenti che sanno unire un messaggio sociale, attualissimo, alla delicatezza di un’immagine naturale: “I. il capitale / ti aspetta al varco. / sotto il ciliegio / inerme sosti β€” / il sistema stritola / chi non sta al passo” (da “dittico del dio estremo”; si puΓ² schiaffeggiare il dio denaro anche con un petalo di fiore, senza per forza scomodare l’opera di Karl Marx!). E ancora: “II. Il dio estremo / esige il sacrificio / perchΓ© Γ¨ sciagura / la tregua. CosΓ¬ / il ciclo produttivo / assembla i morti”. Anche la superficialitΓ  dei discorsi da bar puΓ² essere disinnescata: “i mantenuti /dallo Stato negli hotel / con cellulari / costosi β€” gabbie / di sproloqui su mondi / che non si sanno”; la poesia in generale, grazie alla sua naturale trasversalitΓ  che unisce il visibile a quel che non si sa, ci libera da una fin troppo facile e a buon mercato linearitΓ  degli sproloqui nel quotidiano. E i segreti della poesia-botanica, lo sfoltimento dei rami e delle parole: “gesto di cura / al di qua del fiorire / la potatura / taglio dovuto. / sfoltiti i rovi fitti / passa la luce”; una luce diversa sulle parole e quindi sui pensieri che le hanno originate, per farsi capire e addirittura per meglio capire se stessi, per raggiungere la veritΓ  in maniera sobria, pulita, diretta. Una purezza che non deriva dall’atarassia, dalla scelta di sospendere da terra la propria esistenza; solo chi abbraccia le infelicitΓ  della vita puΓ² cercare con animo sincero le prelibatezze della poesia: “ringraziava Dio / che avesse scadenza / la felicitΓ  / della poesia / si seccava altrimenti / il serbatoio”; non Γ¨ a causa di una visione esageratamente romantica dell’arte, se arriviamo a dichiarare che la poesia riesce a scavare efficacemente tra le parole, per trovare quelle giuste seppellite in noi, solo grazie alla trivella diamantina del dolore: un eccesso di benessere puΓ² distrarre dalla ricerca. Persino i lockdown agevolano lo scavo e la ricerca dei vuoti cavi (ovvero di vuoti di significanti, e che essendo cavi, contengono, accolgono, conservano piccoli tesori) o rendono raggiungibili i vuoti interiori che sono una ricchezza per chi sa crearli in sΓ© o riconoscerli: “I. c’Γ¨ coprifuoco / sul davanzale. vita / tracima dentro / fuoco di stanza, stella / che dal tumulto chiama” (da “trittico dei lockdown presunti”); in clausura si rivalutano la bellezza e la funzione dell’immensitΓ  che Γ¨ in noi, e da cui spesso fuggiamo perchΓ© la riteniamo ingovernabile: “III. ah veramente / credevi nelle imposte / che alla sera / chiudono β€” cosa, se hai / il bistrattato immenso?”.

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Il piano che sarΓ 

zhivago

a Jurij Andrèevič Živago

Siamo freddi cieli stellati
puntelli di luce ineguale
sul piano curvo del presente.
Ci raggiungono misti bagliori
da obliqui passati pulsanti
tutti insieme, come voci latenti
di un coro ormai spento, spopolato
differenti le distanze dagli astri defunti.

Cos’Γ¨ questa buia condanna
che ogni cosa ricorda, immortala
e conserva gelosa, inconscia
in scrigni di domani sospesi?

Nessuna benevola censura
fa una cernita di noi, che so!
l’assassinio dell’archivista
il repulisti di primavera
uno scarto di ricordi, almeno quelli piΓΉ usati
lasciati alla corrente immemore della vita
sfuggiti, graziati, al fine liberi di tornare
alla fonte, a un’origine delle intenzioni

invece niente, nella scatola dei souvenir
tutto rimane limpido, tenero
sul piano apparente e notturno
di un vivo attuale che non perdona.

AvverrΓ , un giorno
il punto di non ritorno da questo sfondo in cantiere
le dediche disseminate tra le mani di sposa
il ninnolo impolverato scoperto dagli eredi
un suono di campana tibetana, vigliacco di spalle
a svegliare antichi dolori, dolci di vecchiaia, a pugnalare.

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“Padri morenti” e altri 5 inediti su Fara Poesia

Ringrazio “Fara Poesia” e Alessandro Ramberti per l’ospitalitΓ …

Per leggere, QUI!

fara poesia

Rodolfo Lettore legge “Passo di sera”

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Rodolfo Lettore legge β€œPasso di sera”, tratta dalla raccolta β€œPomeriggi perduti”.

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Continua a leggere “Rodolfo Lettore legge “Passo di sera””

Uroboro

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Al cinema, i film
raccontano la genesi
l’inizio di altri inizi,
la storia cita sΓ© stessa

i libri parlano di libri
del modo in cui nacque l’idea
il principio di epopee di carta
un romanzo sul romanzo.

È un mondo rimestato
incartato sul dettaglio
vittima di un selfie planetario
celebra la stasi delle idee

si specchia il Narciso morente
in stagni d’acqua putrida, senza moto
senza piΓΉ ossigeno ai viventi,

come un uroboro
inghiotte la sua coda, il finale
di un’epoca gloriosa.

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“Pomeriggi…” su CertaStampa, a cura di Massimo Ridolfi

certastampa rece pomeriggi

“… La poesia di Michele Nigro – Γ¨ lampante – ha una qualitΓ  musicale evidente, rara da registrare nella scrittura in versi contemporanea, e non solo in Italia, che ormai si Γ¨ addirittura staccata anche dalla prosa, che l’ha particolarmente contraddistinta a partire dal β€˜900, che oggi ha cosΓ¬ raggiunto un passo saggistico, concettuale, programmatico, tutto dentro uno scrivere versi che si Γ¨ fatto troppo pensato, troppo a lungo meditato prima di farsi gesto e azione, perdendo l’ardore originale, il sacro fuoco. Su questo tema credo sia necessario fermarsi e concentrare il nostro pensiero critico d’ora in avanti, nel tentativo, non certo facile, di prevedere gli ulteriori sviluppi formali della scrittura di poesia, che potrebbero renderla β€œirriconoscibile”, non piΓΉ tale, non piΓΉ possibile; e la lettura della poesia di Michele Nigro invita a questo β€œritorno” a un ragionare critico, perchΓ© Γ¨ poeta di β€œterra”, che guarda e ci riporta, senza falsarne il peso, tutto quello che ha vissuto e visto, con il passo di una muta saggezza.” (Massimo Ridolfi)

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Per leggere l’intera recensione a “Pomeriggi perduti”: QUI!

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“Pomeriggi…” su Bibliovorax

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Alcune poesie tratte da “Pomeriggi perduti” sul “bookblog” Bibliovorax

Per leggere il post: QUI!

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Mal’ore

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Sono le mal’ore notturne
quelle d’inverno cattive e cieche,
strappano virgulti d’anni
alle amicizie sfiorate
con folate di morte
gelate dai rami del futuro

non avvisano dall’uscio
una voce che prepari,
battute lasciate a metΓ 
tra rossi calici ancora pieni
sotto ruderi di cielo

l’etΓ  fermata, nel buio cristiano
della pietra inattesa
mentre s’illudono di respiri
e di nuvole impigliate
in finestre di chiesa
come incensi sul mondo

i tristi sopravvissuti
al giorno in piΓΉ.

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(immagine: Alfred Kubin – The Way to Hell, 1904)

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Angelo Branduardi – Ballo in Fa# Minore

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versione pdf: Mal’ore