“Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia.”

“Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero se e quando potrò mai mantenerla. Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte. – Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è fermato a Eboli –. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto più profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, né i greci, che fiorivano sul mare di Metaponto e di Sibari: nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato quaggiù il suo senso del tempo che si muove, né la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su se stessa. Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria. Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui incomprensibile. I grandi viaggiatori non sono andati di là dai confini del proprio mondo; e hanno percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male, della moralità e della redenzione. Cristo è sceso nell’inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nell’eternità. Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.”

(incipit di “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi)

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Fenomenologia della “poesia facile”

versione pdf: Fenomenologia della “poesia facile”. Dalla neolingua alla neopoesia

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Dalla neolingua alla neopoesia

Ho assistito recentemente a una innovativa e coraggiosa trasposizione teatrale del famoso romanzo “1984” di George Orwell, già immortalato nella memorabile riduzione per il cinema del regista Michael Radford: inevitabilmente uno dei temi nevralgici ripresi anche dalla pièce è stato quello riguardante la cosiddetta neolingua inventata dall’autore di fantascienza britannico per descrivere il lento ma inesorabile processo di semplificazione del linguaggio, attuato dal partito del Grande Fratello, quale premessa per una decostruzione del pensiero critico nei confronti dell’ideologia dominante. Un’ideologia di regime bisognosa di pedine acritiche e non di uomini e donne pensanti. Eliminare quanti più termini è possibile dal vocabolario corrente per impedire sul nascere l’elaborazione di sillogismi e quindi di critiche in grado di mettere in difficoltà la presa diretta del dittatore sulle menti dei cittadini. La semplificazione del linguaggio per realizzare un più efficace controllo del pensiero della popolazione non è purtroppo solo un’invenzione di Orwell ma è stata nel corso della Storia anche una pratica ampiamente applicata; alcuni esempi attualizzabili: gli slogan propagandistici, le frasi a effetto per stupire l’elettore e parlare alla sua pancia, gli annunci lapidari non verificabili riguardanti opere pubbliche che non verranno mai realizzate…

È di questi giorni l’uscita nelle librerie dell’ennesimo best seller di un noto “poeta televisivo” che non fa mistero del proprio successo editoriale attribuendolo principalmente alle sue doti comunicative dirette, sincere, geo-onnipresenti, limpide, intorno a tematiche basilari, primitive, “domestiche” e a un suo stile poetico che potremmo definire “facile”, semplificato, consolatorio, medicamentoso come la panacea delle nonne realizzata con ingredienti casalinghi, non complessi, alla portata di tutti. A ogni pubblicazione di questo autore ne consegue un putiferio mediatico alimentato da critici indignati, da autori che non credono nell’autenticità letteraria di certi successi editoriali pompati dal marketing… A essere messa sotto accusa, ogni volta, è una non poesia che viene spacciata per Poesia e che misteriosamente (poi mica tanto misteriosamente, per motivi che diremo dopo!) riesce a raggiungere molti più lettori di quanto non faccia la “poesia vera”, quella riconosciuta dai manuali di metrica e dalla storia ufficiale della letteratura; quella degli autori che sgobbano su un verso per giorni e giorni, a volte per anni, (mentre il nostro, a dire degli invidiosi — anzi, lo dice lui stesso! —, le sue poesiole le concepirebbe in ascensore, in una sala d’attesa d’ospedale o in viaggio sul treno tra un reading pubblico, una soppressata da affettare e una lectio magistralis via Skype).

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“Desiderata” di Max Ehrmann (1927)

“Desiderata” di Max Ehrmann (1927)

“Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio. Finché è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone. Di’ la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare. Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te. Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti. Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo. Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo. Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure sii cinico riguardo all’amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l’erba. Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza. Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna, ma non tormentarti con l’immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai il diritto di essere qui. E che ti sia chiaro o no, non v’è dubbio che l’universo ti si stia schiudendo come dovrebbe. Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo. Fai attenzione. Cerca di essere felice.”

Lettore: Michele Nigro

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“Medioevo – la luce nascosta”

Parteciperò con il mio componimento inedito “Amorose retoriche” alla lettura pubblica di Venerdì 2 dicembre ore 18.00 intitolata “La poesia amorosa”, reading poetico musicale sulle note del flauto di Rachele Tommasiello, presso il Salone del Genovesi, Camera di Commercio in via Roma, Salerno. Vi aspetto!

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PROGRAMMA
“Medioevo – la luce nascosta” è il nuovo progetto culturale firmato Compagnia dei Poeti Erranti, a partire da giovedì 01 dicembre fino a sabato 03 dicembre. Un evento interamente dedicato al Medioevo e agli aspetti storici, artistici e letterari di quest’epoca tutt’altro che buia. Grazie al Medioevo, infatti, dobbiamo gran parte della nostra cultura e della nostra lingua, con le cattedrali e i castelli che ancora oggi è possibile ammirare. Il Medioevo ha gettato le basi per il mondo moderno consegnandoci grandi invenzioni; senza il Medioevo non avremmo personaggi come Dante Alighieri, Leonardo Da Vinci, Federico II di Svevia e Lorenzo de’ Medici. Tanti gli appuntamenti in programma: conferenze, dibattiti, reading e concerti in perfetto stile medievale, affinché ciascun ospite possa fare una scorpacciata di arte e cultura a tutto tondo. Giov 01 dicembre h 11.00 Dal latino al volgare – il passaggio Storia dell’evoluzione della lingua italiana attraverso la poesia Conferenza a cura di Basilio Fimiani e Ivano Mozzillo modera Simona Genta Museo Archeologico Provinciale di Salerno – via San Benedetto, 28 Al termine della conferenza, sarà possibile gustare alcuni piatti della tradizione medievale preparati dagli chef dell’istituto alberghiero Santa Caterina Amendola, che allestiranno un buffet all’esterno del Museo. Giov 01 dicembre h 20.00 Medioevo in versi Appassionato viaggio in musica e parole attraverso l’universo culturale, storico e letterario medievale Voci narranti Brunella Caputo e Carmine De Martino Adinolfi Musiche per mandolino eseguite da Alessia Di Maio Chiesa di San Giorgio – via Duomo, 19 Ven 02 dicembre h 11.00 La modernità della Scuola Medica Salernitana tra cibo ed erbe Conferenza a cura di Luciano Mauro modera Simona Genta Museo Archeologico Provinciale di Salerno – via San Benedetto, 28 Ven 02 dicembre h 18.00 La poesia amorosa – reading poetico musicale sulle note del flauto di Rachele Tommasiello Salone del Genovesi, Camera di Commercio – via Roma Sab 03 dicembre h 11.00 Storie di donne nel Medioevo – intrecci, passioni e avventure Conferenza a cura di Maria Salvati modera Rossella Graziuso Museo Archeologico Provinciale di Salerno – in via San Benedetto, 28 Sab 03 dicembre h 20.00 M’illumino di note – concerto a lume di candela – a cura di Guido Pagliano e Lau, con la partecipazione degli alunni del laboratorio di musica antica del Liceo Alfano I di Salerno. Chiesa del SS. Crocifisso – via Mercanti, Salerno (N.b.) Gli eventi di giovedì 01 dicembre e venerdì 02 dicembre sono in collaborazione con l’associazione Artisti e Mercanti Del Conte Ruggero.

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“Storie della mia vita”, “Closing time alla Tom Waits”, “Allora è finita” di Jón Kalman Stefánsson

Jón Kalman Stefánsson

Tre poesie dalla raccolta “Con il porto d’armi per l’eternità” (1988) di Jón Kalman Stefánsson contenuta nel libro “La prima volta che il dolore mi salvò la vita” – Poesie 1988-1994 (ed. Poesia Iperborea, 2021).

Traduzione: Silvia Cosimini

Lettore: Michele Nigro

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“La corona” (The wreath), di Nancy Cunard

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Traduzione: Annalisa Crea

Lettore: Michele Nigro

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“Analogico”, booktrailer #1

Booktrailer #1 per la raccolta “Pomeriggi perduti”

“Analogico” (pag. 67)

Una rinnovata
infanzia analogica
ho sognato,
racconti a corto raggio
sapienze locali
su panchine sconnesse,
un segnale scorticato
come acqua piovana
riscopre terreni ignoranti.

Parole dette in faccia
saliva schizzata e
contatti umani,
segugi fiutano fatti
domande da strada
e notizie lente
che vanno a vapore
metro dopo metro,
a rivivere
velocità preindustriali,
fantasie forzate
dal non visto luminoso
al di là della collina.

Ritornerà il mistero perduto
e avrà il sapore ingenuo
delle dolci sere di primavera
sprecate in provincia.

voce: Michele Nigro
musica: Lento assai, Giampaolo Stuani (by Jamendo)

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“Spazio Lib(e)ro” a Eboli…

“Spazio Lib(e)ro”, rassegna letteraria in Eboli.

Sarò tra i lettori della presentazione del 30 ottobre…

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Tra gli ideatori e realizzatori dell’iniziativa, Vincenzo Pietropinto: nato a Eboli nel ’48 dove risiede. Laureato in Scienze Naturali e appassionato da sempre di cultura. Scrive poesie e racconti brevi e si occupa di teatro e canto. Ama la natura e la fotografia, coltiva molte passioni. Collabora con “Radio Francesco Web” (La voce della comunità di Santa Maria del Carmine e Oratorio di San Francesco in Eboli) conducendo il programma settimanale “I segreti dell’anima” dedicato a scrittori emergenti e artisti. Organizza il salotto culturale “Raffaele Pepe” in cui ospita vari personaggi, dalla letteratura alla scienza, fino alle attività sportive. Dal 2022 è coordinatore della rassegna “Spazio Lib(e)ro” in cui intervengono autori locali e regionali intervistati in varie location della città di Eboli. È in giuria e presidente di giuria in vari concorsi di poesia e narrativa.

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“Trovando un ferro di cavallo” di Osip Ėmil’evič Mandel’štam (1933)

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Trovando un ferro di cavallo

Guardando il bosco diciamo:
ecco il legno delle navi, degli alberi maestri,
pini rosati
liberi fino in cima dal ruvido fardello,
a loro di gemere nella burrasca
solitarie conifere
nell’imbestialita aria non boschiva:
sotto il salato tallone del vento resiste l’archipendolo fissato alla tolda danzante.

E il navigatore dei mari nella sua smisurata ansia di spazio
trascinando per umidi solchi il fragile strumento del geometra
confronta l’attrazione del grembo terrestre
con lo scabro livello delle acque

e respirando l’odore
di lacrime di resina dal fasciame della nave,
ammirando le tavole
inchiodate, composte in paratie
non dal buon falegname di Betlemme, ma dall’altro
– il padre dei viaggi, l’amico dell’andar per mari –
diciamo:
anche loro stavano sulla terra,
scomoda come la spina dorsale di un asino,
per le cime dimenticando le radici,
dritti sul famoso crinale,
e vociavano sotto l’insipido acquazzone,
proponendo invano al cielo di scambiare con una manciata di sale
il loro carico prezioso.

Da dove cominciare?
Tutto si incrina e oscilla.
l’aria trema di paragoni.
Nessuna parola vale più di un’altra,
la terra romba di metafore,
e bighe leggere
nei vistosi finimenti di uccelli in stormi densi per lo sforzo
finiscono in frantumi
a gara con gli sbuffanti beniamini degli ippodromi.

Tre volte benedetto chi porta un nome al suo canto:
adornata di un nome la canzone
vive più a lungo delle altre,
un nastro sulla fronte la fa eletta fra le compagne
salvandola dall’oblio, profumo troppo forte che stordisce
– foss’anche la prossimità del maschio
o il profumo della pelle di una bestia forte
o anche soltanto la fragranza della santoreggia sgualcita fra le mani.
L’aria sa essere scura come l’acqua, e ogni cosa vivente vi nuota dentro come un pesce
scuotendo con le pinne la sfera,
compatta, elastica, appena riscaldata,
cristallo dove girano ruote e scartano i cavalli,

Umida terra-nera della Neera ogni notte di nuovo disossata
da forche tridenti, zappe, aratri.
L’aria è coinvolta non meno densamente della terra,
non si può uscirne, si fa fatica a entrare.
Il fruscio zampe-verdi corre fra gli alberi:
i bambini giocano agli aliossi con vertebre di animali morti.
Il fragile calendario della nostra era si avvicina alla fine.
Grazie per ciò che è stato:
sono io che ho sbagliato, ho fatto male i conti, ho perso il filo
l’era tintinnava come una sfera d’oro, cava, fusa, nessuno la reggeva,
ogni volta a sfiorarla rispondeva “si” o “no”
come un bambino risponde:
“ti do la mela” o “non ti do la mela”
e il suo viso è il calco preciso della voce che pronuncia le parole.

C’è ancora il suono, ma la causa del suono non c’è più.
Il cavallo giace nella polvere e rantola schiumando,
ma il ripido stacco dell’incollatura
serba ancora il ricordo della corsa con le zampe da ogni parte protese
– quando non erano quattro
ma quante le pietre della strada,
moltiplicate ancora quattro volte
quante ritraeva dal suolo l’ambio lucido di calore.

Così
trovando un ferro di cavallo
si soffia via la polvere,
lo si strofina sulla lana finché brilla,
allora lo si appende sulla soglia
perché riposi
e non gli tocchi più strappare scintille dal selciato.

Labbra umane che più non hanno da dire
conservano la forma dell’ultima parola pronunciata
e la mano sente ancora il peso
anche se la brocca è traboccata a mezzo
nel cammino verso casa.
Quello che dico adesso non sono io a dirlo,
ma si strappa alla terra come grani di grano pietrificato.
Alcuni
sulle monete disegnano un leone,
altri
una testa:
pastiglie d’ogni sorta – di rame, oro, bronzo
stanno sepolte nella terra con gli stessi onori.
Il secolo, a furia di morderle, ci ha lasciato l’impronta dei suoi denti.
Il tempo mi lima come una moneta,
e ormai manco a me stesso.

(traduzione di Serena Vitale)

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“Pomeriggi perduti”, presentazione ad Agropoli…

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Il prossimo 29 ottobre, alle 17:30, presenterò la mia raccolta “Pomeriggi perduti” ad Agropoli (Aula Consiliare “A. Di Filippo”), nell’ambito della XV rassegna letteraria “Settembre culturale al castello” curata e coordinata dal consigliere del Comune di Agropoli e delegato alla cultura Francesco Crispino

“Sentimenti e tempo”… su Radio Cantù

Domenica prossima, 15 maggio 2022 alle 21, non prendete impegni e sintonizzatevi su RADIO CANTU’… Durante il programma “POESIA E MUSICA ITALIANA”, condotto da Elena Capra, leggerò un mio componimento, insieme ad altri Autori, sul tema “SENTIMENTI E TEMPO”… Letture accompagnate da tanta buona musica! 🎤🎧🎼🎹
(Puntata riascoltabile in podcastQUI! → Il mio contributo – la poesia “Opere sparse nel tempo” – dal minuto 44:55)
Segue comunicato ufficiale; FONTE: qui!
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Nella puntata di 𝗣𝗢𝗘𝗦𝗜𝗔 𝗘 𝗠𝗨𝗦𝗜𝗖𝗔 𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔𝗡𝗔 di domenica 1️⃣5️⃣ maggio dalle ore 2️⃣1️⃣ parleremo di 𝗦𝗘𝗡𝗧𝗜𝗠𝗘𝗡𝗧𝗜 𝗲 𝗧𝗘𝗠𝗣𝗢, con noi 𝗘𝗡𝗭𝗢 𝗖𝗔𝗥𝗗𝗢𝗡𝗘 docente, poeta e speaker radiofonico!
Ascolteremo sette poesie di: 𝗘𝗡𝗭𝗢 𝗖𝗔𝗥𝗗𝗢𝗡𝗘 | 𝗚𝗜𝗔𝗡𝗣𝗜𝗘𝗥𝗢 𝗖𝗔𝗦𝗔𝗚𝗥𝗔𝗡𝗗𝗘 | 𝗣𝗢𝗦𝗧𝗥𝗘𝗠𝗢 𝗩𝗔𝗧𝗘 | 𝗔𝗡𝗡𝗔 𝗠𝗔𝗥𝗜𝗔 𝗕𝗥𝗨𝗚𝗛𝗜𝗧𝗧𝗔 | 𝗖𝗔𝗥𝗟𝗔 𝗠𝗔𝗟𝗘𝗥𝗕𝗔 | 𝗙𝗥𝗔𝗡𝗖𝗔 𝗖𝗔𝗡𝗔𝗣𝗜𝗡𝗜 | 𝗠𝗜𝗖𝗛𝗘𝗟𝗘 𝗡𝗜𝗚𝗥𝗢 ||*gli autori leggeranno le proprie poesie
🎧 QUANDO | ogni domenica dalle 21 alle 22
💻 RIASCOLTA le puntate https://www.mixcloud.com/Made999/
▶ Programma curato e condotto da Elena Capra

Rodolfo Lettore legge “Passo di sera”

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Rodolfo Lettore legge “Passo di sera”, tratta dalla raccolta “Pomeriggi perduti”.

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3 domande a Simona Genta della “Compagnia dei Poeti Erranti”

versione pdf: 3 domande a Simona Genta, “Compagnia dei Poeti Erranti”

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Ho rivolto stavolta le canoniche 3 domande, come da tradizione delle mini-interviste che di tanto in tanto propongo su “Pomeriggi perduti”, a Simona Genta, promotrice culturale, organizzatrice di eventi, poetessa, scrittrice e curatrice, insieme ad altri “fondatori”, della “Compagnia dei Poeti Erranti” di Salerno, che da alcuni anni opera sul territorio attirando intorno a sé e ai propri happening poeti, scrittori, studiosi e “semplici” uditori interessati dal punto di vista culturale, provenienti da ogni parte d’Italia.

(m.n.) La parola “compagnia” evoca avventure tolkieniane; “erranti” definisce bene la condizione esistenziale ed editoriale del poeta in generale, sempre in cerca di chi ascolti e pubblichi la sua parola. Quando e come è nata, e cosa offre agli autori la “Compagnia dei Poeti Erranti”?

(s.g.) La Compagnia dei Poeti Erranti è un’associazione culturale nata nel 2017 con lo scopo di diffondere la bellezza dell’arte in ogni sua forma, attraverso eventi itineranti in location storiche per far conoscere le bellezze artistiche e paesaggistiche della città. L’idea è quella di proporre uno spazio interamente dedicato all’arte, un po’ come accadeva nei salotti culturali di un tempo, partendo dai grandi modelli dei salotti francesi e italiani, ma ispirandomi soprattutto al celebre salotto fiorentino della contessa di Albany. Noi della Compagnia dei Poeti Erranti siamo un gruppo di uomini e donne appassionati che condividono il sapere, perché crediamo fermamente che la bellezza dell’arte possa davvero salvarci dall’abbrutimento.

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