Appunti rozzi di un lettore de “Il dottor Živago” di Pasternak su Pangea.news

Il mio articolo “Appunti rozzi di un lettore de Il dottor Živago di Pasternak” (già pubblicato su questo blog, qui) è stato riproposto su Pangearivista avventuriera di cultura e idee, “una delle migliori rassegne culturali in Italia”, curata dal giornalista, poeta, scrittore e critico letterario Davide Brullo e che da sempre pubblica articoli interessanti e culturalmente stimolanti.

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3 domande a Ilaria Cino

versione pdf: 3 domande a Ilaria Cino

©ilariacinopage.blogspot.it

a cura di Michele Nigro, per il litblog “Pomeriggi perduti”

Sei ritornata sulla scena “social”, dopo un periodo di quiescenza, con un tuo sito intitolato “Ilaria Cino – literature influencer”, di poesia e altre cose, in contrapposizione – ipotizzerei io – a un altro tipo di “influencing” che va di moda, ben più inconsistente e di cui troppo si parla. Ti racconti non solo con dei versi inediti ma anche attraverso sprazzi di prosa “sincera”, che non fa sconti innanzitutto a te stessa. Nella tua nota biografica affermi: “la poesia è stata quel mistero di silenzi che non mi ha lasciata sola davanti alle offese della vita…”. Quindi la Poesia può ancora avere – in maniera quasi “esoterica”, direi privata – una funzione salvifica in un mondo che non solo non legge, ma non considera quasi più i poeti se non quelli che fanno “spettacolo” per vendere più copie?

Come epoca, faccio parte di un novecento assente, di un “grido unanime” citando Ungaretti, spento con troppa semplicità. Di questo tempo buio molti ne portano i segni, le contraddizioni che non possono non accendere un poeta. Dobbiamo rassegnarci al “pianger l’aer et la terra e ‘l mar devrebbe l’uman legnaggio” di Petrarca o riconsiderare il fallimento? Come figlia del novecento assente, tento la risposta. Il fenomeno di “influencing”, da te citato, sociologicamente lo valuto. Comunque è un prodotto mediatico dal basso che ha avuto un senso per molti, durante i picchi della pandemia. La poesia ha sempre avuto un ruolo, non salvifico, ma che risponde ad un intimo agire delle Muse, come ribadito da Rilke nelle “lettere a un giovane poeta”, o se vuoi solo per l’Inno a Satana del Carducci, e del verso “e corre un fremito/d’imene arcano”. È stato utile? lo si conosce?

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Tout est pardonné

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Tramonto alla fine del mondo, clemente è l’imbrunire
balsamo serale per animi piagati
tutto è perdonato, le idee archiviate in ordine
nei cassetti profumati di naftalina alcolica
e facili promesse con cui prendere sonno.

Si accendono, luminose lacrime di città lontane
le tenui luci di speranze nutrite nel nuovo buio
che non esige risposte,
la feroce illuminazione solare
cede il posto a dolci illusioni
notturne come danze sensuali
intorno a fuochi d’agape
intese di pelle e sguardi intimi.

Istinti avvolti dall’oscurità
ballano su morbidi cuscini ancestrali
puntellati di stelle,

si addormenta tra sospiri carnali
l’affanno di un vissuto
che ancora scotta sulla pelle raminga.

(tratta dalla raccolta “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

(ph M.Nigro)

Torneranno i duelli all’alba

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Torneranno i duelli all’alba
i racconti per fuochi che scottano
le cortine, sì, ma di plastica
le fredde guerre da riscaldare
le crociate per liberare Hollywood dall’A.I.
i selgiuchidi alle porte di Vienna,
[solo per fotografarla.

Torneranno gli imperi e le spie
i sicari da stiletto e i sigari cubani
le crisi dei missili sulla Luna indiana
il Generale Inverno, quello percepito
i dagherrotipi su lastre di rame rubato dai rumeni
i D’Annunzio a declamar poesie nei sexy shop
gli Anni Venti ma senza ruggire
le campagne elettorali porta a porta
la moda delle epidemie e delle epifanie.

Torneremo noi, morti di lavoro e sul lavoro
di Domenica in pasticceria dopo la messa
sotto mentite sfoglie surgelate
a rivangare gli anni ottanta
Rocky, Rambo e Reagan a recitare accordi di pace
e la mummia di Ho Chi Minh sul treno di Kim Jong-un
[per un tour tra le dittature più in voga,

tornerete voi, camminando distratti
seguendo bianche luci di smartphone
come lucciole povere del petrolio
come tortore sull’antenna tivvú
a disturbare derby e film osé,

si rifaranno vivi i ducetti e le patrie
la space opera e le ricette di Tognazzi,
ritorneremo sul nostro satellite in diretta social
e lasceremo lì a morire di scienza un negazionista
per rappresaglia contro la cancel culture.

Dalle foto nel sacrario gli estinti
ci guardano attoniti, ma in bianco e nero.
Saremo come voi, siamo già voi, a colori
fotocopie testarde, affezionate al ciclo degli errori
preghiamo stanchi dèi del crepuscolo
sull’orlo del solito dirupo.

“Rocky, Rambo e Sting” – Antonello Venditti

(ph M.Nigro©2023)

versione pdf: Torneranno i duelli all’alba

Appunti rozzi di un lettore de “Il dottor Živago” di Pasternàk

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“Così tutto quello che era in lui ancora ferita viva e bruciante veniva estromesso dalle poesie e, in luogo di quella sofferenza che sanguinava e doleva, vi compariva una pacata apertura che innalzava il caso particolare a esperienza universale, a tutti partecipabile.”

(Parte seconda, cap. XIV)

È difficile uscire indenni da un romanzo come Il dottor Živago di Borìs Pasternàk, dopo averlo letto. È difficile staccarsi da quel testo, riporlo in libreria tra gli altri come se niente fosse. Ma niente non è stato. Perché? La risposta è complessa. È una storia immensa, infinita, umana ma al tempo stesso soprannaturale, terrena ma divina, storica ma universale e senza tempo. Una storia dell’umanità ma che appartiene all’infinito.

Che esistenze! Che amori! Che passioni viscerali! Che epopee esistenziali…! E che tristezza, pur nella forza che la vita dona ai suoi protagonisti. Un racconto che cresce piano piano, dall’infanzia all’età adulta, da un determinismo che tutto sembrerebbe aver stabilito al vortice dell’esistenza che ogni cosa stravolge: due classi sociali, un uomo e una donna, vanno incontro al loro destino, al fatto che la guerra e la rivoluzione li farà incontrare e darà loro l’opportunità di amarsi al di là della Storia e delle loro vicende personali. È questo il grande messaggio del Živago di Pasternàk: rispettare la propria natura individuale, la propria storia interiore e sentimentale anche se il mondo intorno va in un’altra direzione, spinto da altre esigenze verso il baratro o il rinnovamento. La critica alle intenzioni rivoluzionarie da parte di Pasternàk sono evidenti e forti, anche se narrativizzate: da qui il suo essere osteggiato in patria e la nascita del conseguente “Caso Pasternàk” intorno alla rinuncia da parte dell’autore al Premio Nobel per la letteratura e all’avventurosa storia editoriale del romanzo.

La storia tra Jurij Živago e Lara Antipova fa tornare alla mente le tante vicende clandestine di amori impossibili eppure reali, vissuti, ma inesistenti agli occhi di una visione “ufficiale” della vita. Donne e uomini, impegnati su “altri fronti”, che seguono il loro cuore e la loro riscoperta natura su campi di battaglia collaterali, condannati dalla società per eccesso di individualismo, ritenuti “fuori dalla Storia”. Lo strazio per un amore impossibile o comunque difficile da preservare (e sintetizzato nel “come faremo!” sussurrato a Jurij dalla Lara del film di David Lean). Anche Jurij, come Lara Antipova, è sposato, con prole: una doppia impossibilità, un doppio nodo su corde diverse e separate. Il senso di sospensione e di precarietà di un amore difficile ma vissuto, nascosto nelle intercapedini delle altre storie private, protetto da occhi indiscreti. Eppure quanta forza e speranza possono effondersi da storie in salita come questa descritta da Pasternàk: il viverla comunque, pur sapendo di non avere un futuro; si attinge dalla complessità di simili incontri una forza incredibile, strana, quasi crudele, ma grazie a essi si vivono sensazioni e si carpiscono segreti esistenziali che non sarebbe possibile conoscere attraverso una storia ordinaria. Forse il vero amore è quello che nasce nel dolore, tra gli attriti del reale, quello nato “mutilato”, e che insegna più cose.

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Si sfaldano le genti passate

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Si sfaldano le genti passate
l’eco delle loro voci
in memorie di vacue gesta
come tempi vissuti per niente,

corpi canuti, slegati, morenti.
Forze ormai deboli, non più
aggregano le intenzioni,
estranei a se stessi
su spalti domenicali, spirano
tra un mea culpa e l’omelia

mancano le densità sperate
nel mezzo di autunni assolati, solitari
e legami dissolti, votati alla resa,

riverbero di vite lasciate cadere
all’imbrunire delle scelte.

Ci sono più scrittori che lettori…

versione pdf: Ci sono più scrittori che lettori…

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Circola ormai da anni il mantra litanico “ci sono più scrittori che lettori!” (che viaggia in coppia con “oggi tutti scrivono!”), non lontano dalla realtà dei fatti, ma che andrebbe analizzato con più attenzione perché l’esperienza storica ci insegna che spesso gli slogan, quando sono inflazionati da un uso improprio, rischiano di perdere il loro potenziale comunicativo ed “educativo”, se ne hanno uno. Nell’analizzare tale slogan, cercheremo parallelamente possibili soluzioni al problema evidenziato dallo stesso e formuleremo riflessioni, a volte ironiche, che ci aiutino a capire un po’ di più l’articolato universo dei libri e dei loro fruitori.

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