Lo chiamano foliage
questo tripudio di colori ardenti
ma morenti, rantoli di linfa
da alberi che affondano radici
in antiche sorgenti sanguigne
per battaglie perdute nel tempo.
Riportano sotto il sole
malato d’autunno
la ruggine di spade celate,
le urla vermiglie
della storia nascosta.
Si accendono in rossi tramonti di foglie
le ultime speranze estive,
non si rassegna il contadino
strappando lembi di terra
alla verde memoria del mondo.
Non è ghiaia, ma ossa trite
quello che vedo, bianco e sparso,
concime umano
sulla strada del ritorno.
Ogni cerchio nel legno tagliato
è un aneddoto sussurrato
a orecchie stanche come muli di guerra,
perdonate il passante
che non ascolterà,
il grampasso distratto
da altre glorie terrene.
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