versione pdf: Due, tre cose sul (dal) film Genius di Michael Grandage
Chi è un autore, generalmente? È un essere scrivente e in pena, in attesa (almeno era così fino all’avvento del self-publishing e del “apriamo le gabbie” di molte case editrici che hanno pubblicato di tutto e di più, pur di vendere e sopravvivere al calo di qualità della domanda) di un “verdetto” editoriale che potrebbe cambiargli, in positivo o in negativo non è dato sempre saperlo, la vita. Chi è un editor, generalmente? È un incrocio tra un alchimista, un chirurgo, un amichevole padre spirituale e un venditore di enciclopedie porta a porta (almeno era così fino all’avvento… rileggere il contenuto della precedente parentesi): gli obiettivi dell’editor sono 1) individuare, se e quando entra nel suo raggio d’intercettazione, un potenziale o già espresso talento; 2) valutare la vendibilità del talento (tenendo d’occhio il tipo di mercato già sondato con altri autori che hanno “funzionato”) 3) la vendibilità dipende, ma non sempre, dal tipo di lavoro più o meno chirurgico e approfondito che si riesce a fare (a volte anche nel corso di anni) sul testo presentato dall’autore e, forse questa è la parte più difficile del lavoro di editor, sul “carattere” dell’autore. Le capacità alchemiche (e veggenti, perché deve riuscire a “vedere”, al posto dell’autore, come sarà il testo una volta che avrà subito le dovute correzioni-corruzioni e soprattutto riduzioni: queste ultime non solo per una questione di “carta” da risparmiare ma soprattutto per una funzionalità del testo che deve “informare” senza tergiversare o addirittura perdersi in compagnia del lettore che abbandonerà quel libro e i prossimi di quell’autore) dell’editor devono prima di tutto convincere l’autore che non sempre è disposto a mettere mano alla propria creatura che, in quanto tale, considera già perfetta.
Quella tra autore ed editor è una lotta feroce: il primo deve assecondare (pena la non pubblicazione) l’irriverente intromissione nelle “proprie cose intime” di un perfetto estraneo che ha ricevuto il compito “imprenditoriale” (anche se non dichiaratamente) di ridurre drasticamente le esuberanze descrittive, e quindi spaziali in termini di carta da stampare, di un altro perfetto estraneo scrivente il cui obiettivo è quello di farsi stampare e distribuire gratuitamente (prima dell’EAP l’editore era uno che “investiva” in senso lato: verbo pressoché impopolare, oggi, tra le medie e piccole case editrici, ma pensandoci bene anche tra le grandi) tra le librerie del paese in cui vive e se gli va bene, previa traduzione, anche nelle librerie di altre nazioni.
Se l’autore arriva a convincersi della necessità di determinati tagli alla propria fatica, al contrario, non sempre (e il dubbio umanissimo assale anche il talent scout del film “Genius”) l’editor è pienamente convinto del fatto che il suo intervento non abbia in alcun modo alterato la genuinità e quindi il valore più intimo dell’opera originaria (si chiede infatti Maxwell Perkins: “miglioriamo questi libri o li rendiamo soltanto diversi?”); ed è un dubbio con cui non è facile convivere se si cominciano a considerare le possibili varianti dell’opera “abortite” a causa dell’azione di “mammara” in fase di editing. Beato l’editor che ha le idee chiare fin dall’inizio e sa a quale prodotto finale vuole andare a parare: per farlo deve entrare in simbiosi con l’autore, certo, senza però lasciarsi influenzare dal suo prolifico entusiasmo; calmierare (come nel caso del Thomas Wolfe raccontato nel film) l’articolata “poeticità” di un autore che tuttavia ha scelto la forma romanzo per presentarsi al suo pubblico; domare la genialità in favore di una funzionalità più lineare; smorzare la tentazione di aggiungere paragrafi a un lavoro già oceanico; entrare in sintonia con le intenzioni dell’autore ma proponendogli più sintetiche forme espressive, nuove strade narrative, scorciatoie che non alterino il senso del percorso pensato dall’autore. Ragionare insieme all’autore sui perché di una scelta formale e sui perché delle proposte alternative che andrebbero, se accettate, ad alterare irreversibilmente il paesaggio pensato dall’autore (e questo lo sanno entrambi) o almeno il percorso che costeggia quel panorama: l’editor dovrà essere al tempo stesso “profeta”, co-autore empatico e futuro lettore, come in un eterno incrocio trafficato. Arrivare allo stesso punto ma facendo qualche chilometro in meno o camminando su una strada parallela a quella originaria che non privi l’autore del panorama di cui godeva percorrendo in privato il proprio canovaccio. Un godimento che l’editor tenta di far diventare pubblico, universale, attraverso un lavoro di ridimensionamento compiuto in tandem.
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