non è più tempo di maiuscole

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un’imprevista coesistenza tra istinti e disciplina
smorza gli entusiasmi dello spettacolo
e maturo ti inchini ad atroci richieste,
avanzando a colpi di machete
nella giungla crudele dell’esistere.

non è mai stata giusta
e ai suoi figli toglie di bocca, senza pietà
parole e speranze sognate nel buio.
la vita, questo dono bastardo
nato da geni casuali come
passeggeri seduti vicini per sbaglio
su autobus diretti verso il solito buco morente.

eppure fedeli ingoiamo strani veleni
non previsti dalla gloria
muovendo passi fiduciosi e sciocchi.
un’inerzia morale illude le disincantate menti
collegate a cuori stanchi di spingere invano
quel liquido portatore di sensuali eternità.

hai intenzione di crederci ancora, ritornando sulla strada?
sai che il movimento dà risposte inattese alla disperazione
rimescola un dolore riproposto ogni volta sotto altre forme.

illuso e testardo giocatore di dadi
abbozzi un’effimera pazienza da finto saggio,
da buon diplomatico sovrastrutturato
convivi con la più cocente sconfitta
soffri perché non intravedi ancora la sua nascosta saggezza
il velato messaggio di bellezza dietro i silenzi,
mentre ogni notte sogni, vergognandoti
mani sudice colme di premi
rubati in fretta
ossessionato dalla paura di non avere fortuna.

presto sulle delusioni si formeranno croste,
ci sentiremo guariti e vincenti, di nuovo in gara
impareremo a volare basso
sfiorando la terra che attende i nostri costosi cappotti di legno.
intanto sommiamo piccole morti invisibili,
s’avvicina l’ora della spugna non gettata
ma lasciata cadere da una meritata
mancanza di voglia.

non è più il tempo delle facili maiuscole,
solo impercettibili minuscoli passi sull’asfalto
per raggiungere nell’oscurità
il campanello d’allarme
di un’inutile salvezza.

(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

– video correlato –

“Comfortably Numb”, Pink Floyd

Il mio nome è Khan

N I G R I C A N T E

Dopo aver visto il film “Il mio nome è Khan” potrei cavarmela in maniera sbrigativa e snob dicendo semplicemente che si tratta della riproposizione in salsa bollywoodiana di un Forrest Gump dei giorni nostri o di un Rain Manhindi che invece di contare stuzzicadenti, s’incaponisce nel voler a tutti i costi incontrare il Presidente degli Stati Uniti d’America per confidargli una banalità. Potrei usare tutto il mio sarcasmo nel sottolineare che il regista o chi per lui ha sostituito la celebre frase di origine materna adoperata spesso e volentieri da Forrest Gump “stupido è chi lo stupido fa” con l’equipollente etico “al mondo esistono solo due tipi di persone: quelle buone che fanno buone azioni e quelle cattive che commettono cattive azioni. Questa è l’unica differenza”. Potrei dire che si tratta di un film sfacciatamente obamiano (e veltroniano). Potrei elencare le scene dolciastre e buoniste contenute…

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Italianità

Ecco perché, secondo me, l’italianità dovrebbe nutrirsi di segni non istituzionali, di storie con la “s” minuscola, di scenari familiari, di paesaggi epici ancora intatti, di ‘bolle di quotidianità’ a volte sottovalutate… L’italianità diventa così un concetto intimo, non condivisibile, impossibile da istituzionalizzare e assolutamente soggettivo: un ‘processo di personalizzazione’ che è tipico degli italiani e che deriva dalla loro capacità, affinata nei secoli e dalla disunità, di ‘salvare il salvabile’ durante i periodi storici caotici. O forse anche questa qualità è un luogo comune.

N I G R I C A N T E

Mentre leghisti e patrioti unitari si scannano in vista dei ‘festeggiamenti’ del 150° anniversario dell’unità d’Italia – se sia più importante ‘lavorare per il paese’ o colorare di rosso il 17 marzo sul calendario e andarsene a spasso con gli amici – io m’interrogo sul significato del termine italianità. Afferma il vocabolario aperto sulla mia scrivania: “italianità: s.f. Indole, natura, carattere, d’italiano.” Una spiegazione che non mi ‘disseta’…

Lo scenario socio-politico che dovrebbe ‘nutrire’ questa definizione è deprimente: la situazione economica dell’Italia è stagnante, la classe dirigente è inqualificabile, lo stato culturale dell’italiano medio è a dir poco allarmante (e quando utilizzo la parola ‘culturale’ non la intendo riferita solo al numero di libri letti in un anno o le poesie imparate a memoria durante il periodo scolastico, ma a un approccio interdisciplinare e ‘mentalmente aperto’ con i problemi che l’italiano nella maggior parte dei casi non…

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Il vizio

“… Sistemi paralleli di salvezza
e di ricerca assertiva
isolamento ad orologeria
divenuto stile di vita
non ricordi con chiarezza
l’innesco esperienziale di quel bisogno.”

(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

N I G R I C A N T E

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Una volta assaggiata la strada

imbevuta di stelle e di esistenza pura

come puoi ritornare sul cammino ordinario

di un sentire comune, indistinto e sereno?

Semi alternativi all’educazione

delle foto in bianco e nero,

liberi tarli silenziosi per natura

che dall’interno scavano gallerie

verso una luce amata da pochi.

Sistemi paralleli di salvezza

e di ricerca assertiva

isolamento ad orologeria

divenuto stile di vita

non ricordi con chiarezza

l’innesco esperienziale di quel bisogno.

Da qualche parte, in un angolo della tua storia

assaporasti la sapienza eversiva

di conoscenze invisibili.

Assecondi un istinto impopolare

lasciandoti guidare dalla stessa fede

di un condannato innocente.

Il vizio ti è rimasto dentro

scomoda eredità

vissuta senza pentimenti.

Una bussola curiosa e sorridente

ti indica l’unica via consapevole

non ti distraggono più

i puntuali insulti del buonsenso.

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Cacciapaglia – Battiato: annullare le distanze

In questi giorni di quarantena e di isolamento dall’altro in cui stiamo scoprendo o riscoprendo le potenzialità, finora mal sfruttate – diciamocelo! -, dei social e dei vari mezzi di comunicazione tecnologici… il ricordo di un “esperimento a distanza” tra due amici musicisti!

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N I G R I C A N T E

A volte un singolo evento artistico è capace, da solo, di riassumere meglio di qualsiasi dissertazione la straordinarietà dell’epoca che viviamo. Mentre il mondo perde inesorabilmente “pezzi” di memoria storica e umana (vedi, ad esempio, il crollo all’interno degli scavi di Pompei), l’homo tecnologicus si prepara in maniera paradossale a diventare immortale e a superare le barriere dello spazio e del tempo senza sapere il “perché” di tale sforzo. Si tratta, infatti, di un’immortalità svuotata del suo significato…

Ricercando una “poetica della tecnologia”, ho avuto il piacere di vivere, ieri sera 19 novembre 2010, stando comodamente seduto all’interno della mia abitazione e adoperando alcuni strumenti di uso quotidiano (la radio del digitale terrestre captata dal mio personal computer), un momento davvero speciale: un incontro musicale a distanza tra Roberto Cacciapaglia e Franco Battiato su Radio 1. Niente di eccezionale, direte voi… Certo! Se non fosse stato per il fatto…

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Xavier de Maistre e i nuovi zombi

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Durante questi primi giorni di quarantena, dopo molti anni, ho voluto rileggere il breve romanzo Viaggio intorno alla mia stanza del flâneur Xavier de Maistre; seguito, nello stesso volume, da uno scritto aggiuntivo intitolato Spedizione notturna intorno alla mia stanza: costretto per ben quarantadue giorni agli arresti domiciliari – una “quarantena giudiziaria” – l’autore coglie l’occasione per ripercorrere in maniera insolita, con i sensi e l’immaginazione, i luoghi consueti del proprio abitare, l’oggettistica casalinga mai considerata come input filosofico, in un viaggio breve dal punto di vista spaziale – un appartamento, per quanto lussuoso e spazioso, ha dei confini ben definiti – ma infinito se considerato in riferimento a quello che James Ballard, alcuni secoli dopo, avrebbe chiamato inner space (spazio interiore).

Un viaggio intorno e non dentro, come suggerirebbe la logica, perché lo sguardo di de Maistre non attraversa – a mò di spada che penetra la carne – distrattamente la stanza, come accadrebbe forse durante gli spensierati giorni di una normale libertà, ma plana delicatamente sulle sue pareti, si sofferma sui mobili, sulle cose di uso quotidiano, su quelle da sempre possedute ma mai osservate e analizzate profondamente. In questo nuovo approccio silenzioso, meditativo, privato, senza pubblico, si scorge la rivalutazione di aspetti scontati, delle vicende relazionali rimosse, delle persone importanti seppellite nella memoria, degli atteggiamenti sbagliati assunti nel passato e delle false amicizie incontrate (cantava Battiato: “E quanti personaggi inutili ho indossato / Io e la mia persona quanti ne ha subiti”), delle letture fatte e quelle da fare, della condizione permanente dei poveri in strada rispetto a quella propria da recluso, temporanea e agiata, di un’asocialità scambiata per difetto e ora valorizzata al punto giusto, delle lettere giovanili rinchiuse in un cassetto e rilette…

Dalla poltrona al letto, dalla scrivania alla libreria, dalle stampe e i quadri appesi ai muri fino allo specchio, l’unico “quadro” veramente autentico – riflettente noi stessi – che non osiamo criticare; dal viaggio domestico a quello contenuto nei libri amati: una serie di viaggi nel viaggio, nel tempo e nello spazio.

“Quando viaggio nella mia stanza dunque, raramente percorro una linea retta: vado dal tavolo verso un quadro posto in un angolo; da lì mi muovo in senso obliquo per andare alla porta; ma, benché partendo la mia intenzione sia proprio quella di recarmici se lungo il percorso incontro la poltrona, non faccio complimenti, e mi ci accomodo all’istante. […] Un buon fuoco, qualche libro, delle penne; quante risorse contro la noia! E ancora che piacere dimenticare libri e penne per attizzare il fuoco, abbandonandosi a qualche dolce meditazione, o buttando giù qualche verso per rallegrare gli amici! Le ore scivolano allora su di voi e cadono in silenzio nell’eternità, senza farvi sentire il loro triste passaggio.” Tutto contribuisce alla formazione di una nuova geografia delle piccole cose, a una cartografia riveduta e corretta del conosciuto.

Ma quello di de Maistre non è un viaggio fatto per noia, per passare il tempo (“Questo esilio forzato è stato solo un’occasione per mettermi prima in cammino” […] “… avrei preferito occuparmi di questo viaggio in un altro periodo, e che avrei scelto, per compierlo, la quaresima piuttosto del carnevale: pure, riflessioni filosofiche, mandatemi dal cielo, m’hanno molto aiutato a sopportare la privazione dei piaceri che Torino offre a bizzeffe in questi tempi di chiasso e d’agitazione.”), e nemmeno una quest, un viaggio iniziatico, perché non c’è nulla da ricercare; è già tutto lì a portata di mano o a portata d’animo. È invece un cammino necessario che valorizza il consueto, un tragitto in pantofole per vedere gli angoli soliti da un altro punto di vista. I particolari che prima sfuggivano alla cattura, ora restano impigliati nelle reti dell’osservazione ristretta per causa di forza maggiore. Dalle virtù del letto alle scoperte metafisiche sulla doppia natura – anima e bestia – dell’uomo casalingo: “Tutta l’arte d’un uomo di genio sta nel saper educare bene la propria bestia…” Una volta domata la bestia, l’anima può viaggiare da sola, in modo “d’ampliare la propria esistenza” e sconfiggere la meccanicità (Gurdjieff docet!) insita nel vivere quotidiano e routinario.

Continua a leggere “Xavier de Maistre e i nuovi zombi”

Analogico

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Analogico

Una rinnovata
infanzia analogica
ho sognato,
racconti a corto raggio
sapienze locali
su panchine sconnesse,
un segnale scorticato
come acqua piovana
riscopre terreni ignoranti.

Parole dette in faccia
saliva schizzata e
contatti umani,
segugi fiutano fatti
domande da strada
e notizie lente
che vanno a vapore
metro dopo metro,
a rivivere
velocità preindustriali,
fantasie forzate
dal non visto luminoso
al di là della collina.

Ritornerà il mistero perduto
e avrà il sapore ingenuo
delle dolci sere di primavera
sprecate in provincia.

(tratta da “Pomeriggi perduti” – Ed. Kolibris, 2019 – Prefazione a cura di Stefano Serri)

– video correlato –

“Maya colpisce ancora”, Baustelle

Da “Alba Rossa” alla Rete-Ombra di Obama

Trump sfrutterà la pandemia per individuare un nuovo (ma non tanto nuovo) nemico intorno al quale chiamare a raccolta i patrioti americani? La Cina sembrerebbe la candidata ottimale a svolgere questo ruolo, a causa dei presunti ritardi con cui avrebbe annunciato al mondo la diffusione di covid-19…

N I G R I C A N T E

Ogni tanto fa bene rivedere certe pellicole: non tanto per una questione di nostalgia nei confronti di alcuni elementi appartenenti ai ‘tempi andati’, quanto piuttosto per fare autocritica, per realizzare dei confronti tra presente e passato, per delimitare la cultura sociale e politica di un’epoca che oggi, dall’alto del primo decennio del XXI secolo, ci appare inevitabilmente ridicola e anacronistica.

Ho rivisto recentemente il film fantapolitico intitolato “Alba Rossa” (Red Dawn) del 1984 e ho provato la stessa sensazione di quando, alcuni anni fa, ho tentato di rileggere una copia di “Topolino” o quando mi è capitato di rivedere alcune puntate del famoso cartone animato giapponese “Goldrake”: una sensazione di tenerezza mista a imbarazzo. Tenerezza per i legami sentimentali con il periodo storico tirato in ballo; imbarazzo per l’inadeguatezza, la superficialità e la palese ingenuità del messaggio in essi contenuto, ma che all’epoca sortiva l’effetto voluto.

“Alba Rossa” è un…

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“La narrazione della malattia dal Cinquecento al Novecento”, quaderni di arenaria vol. XVIII

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Sul vol. XVIII di Quaderni di Arenaria, un’interessante recensione (a pag. 10) riguardante il saggio Relazioni, contesti e pratiche della narrazione, libro collettaneo a cura di Lina Scalisi e Pina Travagliante. Vengono indagati nel volume “i modi in cui la memoria collettiva ha elaborato il tema della malattia e delle alterazioni del corpo attraverso le narrazioni individuali”. Con particolare riguardo alle malattie infettive, le epidemie e le pandemie che hanno caratterizzato e segnato alcuni periodi storici…

Per leggere il vol. XVIII di quaderni di arenaria: QUI!

Segue uno stralcio:

“… Lavinia Gazzé si sofferma su Le prime testimonianze del mal francese in Italia. Nel 1722 veniva pubblicato Un diario dell’anno della piaga sulla ‘grande peste’ che aveva decimato Londra nel 1665. Il diario, dietro pseudonimo, era stato scritto da Daniel Defoe, l’autore del Robinson Crusoe. Ma è comunque la sifilide che dal suo apparire ha fatto versare fiumi d’inchiostro. La malattia apparve subito incontrollabile e, tra la fine del 1495 e i primi mesi del 1497, si diffuse come un’epidemia. Il Trepanoma pallidum si propagò in Italia durante la spedizione francese di Carlo VIII (1494-1495). La malattia, diffusa tra i militari francesi e spagnoli fu trasmessa ai mercenari italiani e stranieri. Secondo Ruy Diaz (de la Isla, medico andaluso) la prima diffusione del morbo si ebbe a Barcellona, dov’era approdato il corpo di spedizione di Colombo proveniente da Hispaniola. Sono vari gli speziali e i medici che ne parlano. Ma Tommaso di Silvestro, notaio e canonico del Duomo di Orvieto, scrisse quanto avveniva nella sua città e nel territorio circostante dal 1482 al 1514, dove il 7 novembre 1494 era passato l’esercito francese, preceduto dai mercenari svizzeri (al cui seguito c’erano 70 “femine todesche et franciose”)…”

Onora il padre…

N I G R I C A N T E

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Onora il padre

continua la sua opera

porta a termine i suoi progetti

vivi i suoi desideri semplici

sii esigente e sognatore come lo era lui.

Onoralo migliorando la sua eredità

respira la sua aria

attraversa i luoghi della sua infanzia

lasciati riscaldare dallo stesso sole.

Non svendere il tuo passato

non causare la dannazione degli assenti.

Se il legno è scolorito

ricoloralo,

se le mura sono vecchie

rinforzale.

E quando anche per te

sarà giunto il momento di partire

spera di salutare qualcuno

che un domani onori te.

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Immaginazione al potere

nel caso di de Maistre il viaggio, reso possibile da quarantadue giorni di arresti domiciliari, viene compiuto grazie all’utilizzo di una fantasia itinerante applicata agli oggetti e ai confini domestici. Con la lettura si va oltre: si integrano altri mondi e altri tempi nel proprio mondo e nel proprio tempo.

N I G R I C A N T E

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<<Il potere dirompente della fantasia che fuoriesce dagli spazi angusti della pagina scritta, si manifesta attraverso un calore interiore che scioglie le catene dell’anima. Scrive Mariantonia Liborio nella prefazione a “Viaggio intorno alla mia stanza” di Xavier de Maistre: “Dentro le mura di qualsiasi prigione è sempre possibile, grazie alla folle de la maison, scegliere di essere farfalla e volare senza problemi, attenti solo a evitare gli ostacoli, dal dentro al fuori, senza altra legge che il capriccio, senza altri limiti che l’universo.”

Solo che nel caso di de Maistre il viaggio, reso possibile da quarantadue giorni di arresti domiciliari, viene compiuto grazie all’utilizzo di una fantasia itinerante applicata agli oggetti e ai confini domestici. Con la lettura si va oltre: si integrano altri mondi e altri tempi nel proprio mondo e nel proprio tempo. Anche se i risultati illustrati dalla prefatrice, in fin dei conti, sono identici a…

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Il vuoto e la città, da “Nessuno nasce pulito”

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Il vuoto e la città

Dal balcone del confino
osservo in strada la benefica assenza
di persone e mezzi.
Traffico zero illuminato
dai lampioni di una notte calma.
Natura immobile e oscura
interrotta dai finestrini veloci di un treno
sotto il cielo sereno e stellato
dell’autunno che concede grazie
agli esuli sulla via del ritorno.
Sento gli echi ammalianti
di finte opportunità perdute
provenire dai grandi centri
dell’umanità inscatolata e sveglia
“lì dove tutto accade
ed è un peccato perderselo!”
Tra neon e anatomie eleganti in metrò
motori diretti nel caos che conta
e piazze gremite di eventi,
un nulla sapiente mi richiama all’ordine
verso la verità e i suoi silenzi parlanti.

Quello che per voi è il centro del mondo
per me sarà la periferia della ricerca.

Il vuoto è l’origine del vero,
dove la mente che non immagina si dispera
nel punto in cui l’aria ferma della notte
rasserena gli animi dei non pentiti.
Un paese come lingua di lava vibra nel buio
sulla collina nera del suo vedere infinito,
sembra galleggiare nel cielo notturno
appeso alle stelle e ai pensieri di chi non dorme.

L’essere al centro non vi salverà
dagli incubi della vita che manca.
Seguire il momento
andare e venire
tra il vuoto e la città
come in un pendolo esistenziale
oscillare
cercando bolle semplici d’inesplorata felicità,
imprigionata nelle contrade dell’altrove.

(ph Alex Scott)

(tratta da “Nessuno nasce pulito” – ed. nugae 2.0 – 2016)

Psicogeografia agostana

Ma quando si ha la fortuna di poter sperimentare la dolce solitudine metropolitana, allora succedono cose interessanti: il quotidiano diventa insolito; l’ovvio acquista un fascino non calcolato; le strade abituali e semi-deserte usate come assolati laboratori psicogeografici, forniscono elementi di studio in altri momenti dell’anno difficili da captare. Svuotata dalla gente che di solito anima i negozi aperti e le vie di comunicazione, la città effettua in maniera inesorabile la sua autodiagnosi di ‘claustrofobia architettonica’: capiamo finalmente come un meccanismo feroce di palazzi e lingue asfaltate e trafficate possa influenzare nell’intimo il pensiero (e le azioni) dell’uomo inconsapevole. Solo grazie allo svuotamento atipico possiamo valutare quelle forme urbane che a lungo andare fanno male (o bene) all’animo di chi vi abita. Siamo ciò che mangiamo. Scriviamo, pensiamo come ciò che abitiamo: un livello superiore del discorso che ci porterebbe verso quella che io definisco “psicogeografia della scrittura”…

N I G R I C A N T E

“Tutta mia la città!”

La crisi economica avrebbe determinato le nuove scelte turistiche degli italiani, ma io non ci credo. È sempre esistito uno zoccolo duro di ‘custodi della città’ durante il periodo estivo. Essere insensibili al richiamo nevrotico dell’uscita turistica a tutti i costi rappresenta la scelta cinica e anticonformista dell’uomo metropolitano: una presa di posizione filosofica ed esistenziale che va oltre la mera disponibilità economica. Una filosofia del recupero che non interessa solo gli oggetti, ma anche i luoghi e certi stati d’animo dimenticati, ad essi legati. Si sceglie l’immobilità come se fosse un pacchetto turistico acquistato in agenzia. Un’immobilità che diventa l’occasione per un’esplorazione accurata (e rivalutazione) del proprio ecosistema inflazionato; una non-partenza che paradossalmente è motivo di scoperta. Il contrasto tra immobilità e vitalismo isterico, magistralmente rappresentato nel film cult di Dino Risi “Il sorpasso”, esiste dal momento in cui è esistito il…

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Scrivere nella città lineare

Ma che cosa significa vivere in una Città Lineare? La ciclicità permette ad ognuno di noi di ritornare al punto di partenza: in una città lineare ciò non è possibile perché il “punto di partenza” è ignoto. Vivere in un luogo simile esige una certa dose di fede: non si può conoscere tutto, ma si può accettare tutto. Una sana ignoranza viene sorprendentemente contrapposta alla sicurezza positivista di quella rigida fantascienza tecnologica dove tutto doveva essere coerente e dimostrabile – seppur in un contesto di doverosa sospensione dell’incredulità! E gli abitanti sembrano rassegnati a questa linearità imperante, anche se ogni tanto uno di loro tenta qualche romantico esperimento: “No, quella carrozza viaggiava ancora verso Ponente attraverso la nostra imperscrutabile Città dopo due settimane. Ne sono convinto. E’ stato allora che mi sono veramente impaurito. L’enormità della nostra terribile esistenza mi sopraffece. Da allora non sono più quello di prima.”

N I G R I C A N T E

Dopo aver letto il racconto lungo “Un anno nella città lineare” (A year in the linear city – 2002) dello statunitense Paul Di Filippo, si ha come la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di un “cambio d’aria”: vi ricordate quando a scuola (quando le classi erano numerose e l’anidride carbonica prodotta dai giovani cervelli in attività aumentava in maniera esponenziale durante le ore di lezione) ad un certo punto della mattinata il maestro ordinava all’alunno che sedeva sotto la finestra di aprire le ante per far entrare l’aria nuova? Leggere lo scrittore postmoderno Di Filippo dà la sensazione del nuovo che avanza: un nuovo che nasce dal felice incontro tra postmodernismo letterario e fantascienza.

Mi potrei soffermare sull’ambientazione fantastica e surreale creata dalla sua penna d’artigiano; potrei offrirvi delle pennellate recensorie sulla improbabile città descritta in questo racconto lungo o sulle verità escatologiche possedute da una strana popolazione…

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