28 febbraio 1981 – Franco Battiato pubblica La Voce del Padrone… contenente il brano Bandiera bianca…
Mese: febbraio 2020
Palinsesto
Il telespettatore non pensante della prima serata (quello determinante dal punto di vista statistico) riceve così la sua dose quotidiana di anestetico, la sua dose di esegesi collettiva, la sua dose di immagini apparentemente innocue ma che nell’intimo svolgono una straordinaria opera di convincimento.
La sera accendiamo il nostro televisore credendo di avere a che fare con un semplice elettrodomestico: un tostapane, uno scaldabagno, un forno a microonde, un rasoio elettrico… Le scelte filmiche contenute nei palinsesti non sono mai casuali. L’occhio disattento e pigro non processa le analogie esistenti tra gli eventi storici quotidiani e i messaggi socio-politici trasportati dagli ‘innocui’ film trasmessi in prima serata: la fascia oraria del lavoratore stanco, della casalinga che vuole rilassarsi, dello studente che desidera svagare la mente. In seconda serata, invece, per gli insonni pensatori falliti e paranoici una programmazione più impegnata contenente tematiche contorte. L’ora tarda non predispone alla rivoluzione attiva! Alle prime luci dell’alba svaniranno tutti i propositi eversivi coltivati con l’ausilio delle tenebre.
Muore Osama bin Laden? Va in onda subito il film “World Trade Center” sull’11 settembre 2001. Scoppia lo ‘scandalo’ delle intercettazioni telefoniche? Va in onda il film “Nemico pubblico” con…
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Quarantena
Daremo aria a queste terre chiuse
prima che ritorni la stagione forzata
sognata delle partenze,
rideremo delle allergie da viaggio, nasi drogati
e degli spazi infiniti offerti all’abitudine,
a volto scoperto torneremo a sconfiggere
letargiche pigrizie da quarantena di stato
spezzeremo antichi legami di sangue
e comode prigionie in celle aperte.
Saranno i ricordi di infimi social
a rievocare dopo un anno immemore
il dannato nome del re invisibile,
un giullare starnutirà
senza nascondersi agli occhi della morte
tra polvere di stanza e cibi pepati,
sospirato sollazzo dei sopravvissuti.
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– video correlato –
L’ “Apriti Sesamo” tour e il ritorno del tappeto
Ormai sette anni fa!
Nel primo dei concerti romani dell’ “Apriti Sesamo” tour, lo scorso 20 febbraio 2013, Franco Battiato forse ha voluto farci capire principalmente due cose: che la vita è fatta di “ritorni” e che la ciclicità esistenziale è una regola da accettare giocando. E Battiato gioca tornando a sedersi sul suo ormai mitico “tappeto da concerto” (che, se non erro, non utilizzava da un po’ di tempo), rimettendosi a stuzzicare il pubblico con una piccola tastiera elettronica allestita ad altezza di tappeto o trasformando la struttura musicale di un brano sempreverde di Juri Camisasca – “Nomadi” – affidando l’incipit a un’insolitamente quieta chitarra classica suonata da Davide Ferrario (un bravo musicista che generalmente vediamo piegato sulla sua chitarra elettrica, sfidando le normali leggi della fisica lombare!). Ritorni contenenti videoclip degli anni ’80 usati come sfondo per il concerto e geometrie allucinogene in movimento – sempre alle spalle della sua band…
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“Passages”, Premio Letterario Internazionale Città di Pomezia
Istituto Culturale Centro Studi Sisyphus
Premio Letterario Internazionale Città di Pomezia per opere inedite in lingua italiana XXIX edizione. Presidente della Giuria: Roberto Maggiani, 7 dicembre 2019.
Scie comiche, da “Nessuno nasce pulito”
Scie comiche
Rigurgiti di ieri masticati e scordati,
scene passate ritornano non invitate
nell’area irriverente del sorriso.
Ironici intercalari dal tempismo scomodo,
presunti archiviati
e fatti irrilevanti ruminati dall’inconscio
affrontano la nuova giuria teatrale
di un presente scelto a caso.
Tra sguardi smarriti e ignari
ridendo in sordina esamini
sotto la sarcastica luce del vissuto
antichi drammi e sketch
riabilitati dal tempo.
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(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)
Elogio del post apocalittico
“Lo sa cosa facevo prima della guerra? Vendevo fotocopiatrici…”
(Generale Bethlehem, signore della guerra. Dal film “L’uomo del giorno dopo”)
Perché il sottogenere post apocalittico, sia letterario che cinematografico, ci affascina e attira molti di noi? Perché siamo dei convinti estinzionisti? Perché siamo talmente pessimisti sul futuro dell’umanità che non riusciamo a prospettare un avvenire diverso da quello catastrofico? Perché odiamo i nostri simili e auspichiamo uno spopolamento del pianeta, caso mai fantasticando su di noi che, rimasti soli soletti, avremmo tanto spazio a disposizione? Perché non si farebbe più la fila ai negozi e non si userebbe più il denaro guadagnato andando a fare un lavoro che non ci piace? Niente di tutto questo; se anche queste “idee” ci hanno sfiorato, è stato solo per un attimo, pensando soprattutto alle condizioni reali e poco romantiche in cui ci troveremmo a vivere se tutto ciò si avverasse.
Non starò qui a snocciolare titoli di romanzi fantascientifici o di film fortunati tratti dagli stessi e che da tempo seminano scenari surreali, sotto forma di immagini filmiche divenute cult, nel nostro affollato immaginario collettivo. È importante, invece, capire perché ci sentiamo terrorizzati e al tempo stesso attratti dalle gesta solitarie dell’uomo post apocalittico; perché il mondo, il nostro mondo, così come lo vediamo ridotto negli scenari post apocalittici descritti nei racconti e nelle pellicole, pur spaventandoci suscita in noi domande scomode a cui sentiamo di non potere sottrarci? Una prima risposta potrebbe essere: perché la condizione post apocalittica ipotizzata “per gioco” induce a riflettere sulla condizione quotidiana “reale”, socialmente strutturata, pensata da altri, accettata, interiorizzata, mai più messa in discussione una volta raggiunta la cosiddetta “età della ragione”.
Una popolazione mondiale decimata da una pandemia, un pianeta Terra distrutto e contaminato in seguito a una catastrofe nucleare… Molteplici sono le cause “inventate” (o profetizzate?) dagli scrittori che hanno impegnato le loro penne in questo sottogenere letterario: alla fine non importa sapere quale sia stata la causa che determina la drastica diminuzione della popolazione terrestre, la sua quasi estinzione o la sua mostruosa trasformazione in qualcos’altro. Quello che conta, ai fini narrativi e introspettivi, è la nuova condizione esistenziale con cui devono confrontarsi i pochissimi sopravvissuti (o il sopravvissuto): a volte le storie cominciano con un solo sopravvissuto che in seguito scoprirà di non essere l’unico ad avere superato indenne l’ora zero del nuovo corso storico. Generalmente, come c’insegnano romanzi e film, questa scoperta non porta a nulla di buono: l’equilibrio che il sopravvissuto solitario aveva conquistato faticosamente nel tempo, creando intorno a se un piccolo paradiso sospeso sulle macerie del mondo precedente alla catastrofe, viene alterato dall’arrivo di suoi simili in cerca di aiuto o di fisiologica compagnia. L’uomo non è fatto per stare da solo ed è bello scoprire che anche altri ce l’hanno fatta: soprattutto gli adulti, bloccati a metà tra due mondi, che hanno un ricordo ancora vivo dei propri cari di cui spesso ignorano il destino o del mondo popoloso prima della tragedia, dopo un iniziale disorientamento dovuto alla scoperta sconvolgente di non essere più soli, tendono a riaccendere una speranza che la forzata condizione solitaria aveva assopito ma non del tutto cancellato. Un ritrovarsi che, però, porta guai, che guasta i piani collaudati del solitario: lo stare insieme implica responsabilità che vanno oltre l’io bastante a se stesso. È così anche nel mondo sovrappopolato e pre-apocalittico.
20/02/2020
Si viaggiava in gruppo
nei deserti elettrici
per timore di
morire da soli, al buio
senza il conforto della folla
accorti nel lasciare
memorie ai vicini
numeri dell’aldiqua
combinazioni tra zero e due
salvavita a compagni
fedeli nell’ora dannata
della partenza estrema.
Era col passare degli anni
la paura di uscire da sé
treni afferrati sul finire degli
inverni con riso scaramantico
e amuleti da strada,
un lento spogliarsi
lungo il tardo cammino
accompagna ora la danza
a labbra serrate, sacra
del nudo solitario.
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– video correlato –
Intervista a Michele Nigro
Quando, molti anni fa, all’epoca della rivista “Nugae” da me curata, ebbi l’onore di essere intervistato nientepopodimeno che da Francesco Giubilei: già all’epoca vulcanico e giovane uomo di cultura, oggi instancabile opinionista televisivo, editore e scrittore, presidente di Nazione Futura e della Fondazione Tatarella.
Rivista «Nugae» – Intervista a Michele Nigro
![]() Nugae è una rivista letteraria trimestrale interamente in bianco e nero, in formato A4. Ogni numero viene presentato da un editoriale di Michele Nigro. All’interno della rivista è possibile trovare racconti, poesie, interviste, saggi e recensioni presentate in una rubrica, “Controedicola”, in quarta di copertina (e da varie anteprime all’interno della rivista). Un prodotto di nicchia per vocazione, diffuso soprattutto on line anche grazie al blog curato dal direttore ( http://rivistanugae.blogspot.com ). “Nugae”, cosa significa questo nome, perchè l’hai scelto, c’è qualche riferimento letterario? |
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Sul “darwinismo romantico” de L’Amica Geniale
Sarebbe un errore madornale liquidare le vicende interpersonali vissute dalle due protagoniste della fiction “L’Amica Geniale” come “invidiosa competizione” di quartiere travestita da amicizia. Così come sarebbe sbagliato ridurre il tutto a una risultante vettoriale tra trascinatrice e trascinata, tra presunta forte e altrettanto presunta debole. In realtà alla base di questa storia italiana, e non solo napoletana, c’è di più, molto di più: vi è un’atavica separazione sociologica che affonda le radici nei secoli, e si è fatta genetica, carne e pensiero, e quindi tratto somatico, gestualità, linguaggio dialettale, reazione diversificata all’esistenza, modi differenti di salvarsi o di non salvarsi dal destino. Anche la diatriba tra quartiere bene e quartiere popolare (chi ha vissuto in una grande città come Napoli conosce e ha provato almeno una volta sulla propria pelle questa contrapposizione) passa in secondo piano, quasi accompagnata da una sorta di giustificazione primordiale, assecondata da tutti con un fatalismo irreversibile, se scegliamo di affidarci a strumenti d’indagine di tipo storico. Rischiando, però, di cadere nel tranello di una spiegazione meramente intellettualistica: e un po’ già appare nella fiction questa “accusa” che nasce da un inevitabile confronto sociale, da un dialogo tra classi sociali che per alcuni sembrerebbe non poter esistere e di fatto non funziona per mancanza di convinzione.
C’è chi cerca di salvarsi dalla morsa del quartiere, dalle battaglie quotidiane tra “sottogruppi antropologici”, fuggendo in una lotta intellettuale, nella lettura “matta e disperatissima”, nell’auto-elevazione culturale, nell’impeccabile percorso scolastico che redime, lontano dagli errori familiari, dalla miseria interiore prima ancora che economica, da insopportabili e retrograde caratteristiche genitoriali, da un’ingiustizia sociale locale proiettata verso proteste lontane, contro guerre di cui si è solo letto sui giornali. E c’è chi da quella morsa non riesce proprio a liberarsi, nonostante la genialità, le idee non istruite che fanno “friggere” il cervello per trovare il modo di riuscire a campare, a emergere dalla miseria; e qui ritorna il concetto quasi ineffabile di “destino storico”, radicato in alcune persone, “che sta per sempre nelle cose” direbbe Carlo Levi, che resta attaccato alla pelle anche se i movimenti sono violenti nel tentativo di liberarsene.
Ci si aggrappa a una appariscente ricchezza esteriore, alla “posizione” conquistata tra l’infelicità per le aspirazioni mancate, all’alibi di essere comunque sposati che si contrappone alla “fallimentare” libertà di chi sceglie la cultura, i libri, lo studio che raccoglie frutti nella distanza, la dipendenza genitoriale, l’attesa nel “sistemarsi”, il prendere tempo per sperimentare il vero (o un presunto) amore.
A chi sembra forte, pur restando prigioniero di un destino deciso dagli altri a tavolino, dalla cultura predominante dell’epoca, non resta che la genialità quotidiana, sublimata nell’arte di arrangiarsi o di imbrogliare: l’inganno e lo scatto vincente per sbocconcellare pezzetti di vita dagli altrui piatti esistenziali, o deviando i propri introiti verso cause giuste, diventando giudici di sé stessi e giustizieri; strumenti poveri ed effimeri per considerarsi ancora in gara, non ancora schiacciati da pressioni familiari o dal confronto sociale che diventa quasi sempre scontro, sfida, insanabile contrasto paranoico affrontato con un disprezzo che si tramuta in sadico sberleffo persino verso una persona cara.
Anche la trasformazione di una foto in un originale collage artistico diventa occasione per dimostrare la propria superiorità mentale in un contesto bidimensionale, che non prevede profondità, decostruzione del proprio destino, deviazione dalla semplice realizzazione di un’apparenza di quartiere. Qualcuno intuisce le potenzialità del genio, dà corda all’estro, ma solo in funzione di un meccanismo ristretto, commerciale, assecondando un impulso mai compreso pienamente: si può possedere la vita di una persona ma non la sua immagine, quella no; la decostruzione artistica dell’io voluto da altri è l’unica scappatoia possibile.
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Eretico
il segreto per la tranquillità e per ottenere l’annullamento della critica da parte dei cosiddetti “cittadini produttivi” sembrerebbe essere l’immobilismo cosciente (o ereditato), ovvero l’eliminazione del pensiero alternativo, per alcuni sinonimo di eresia. La contestazione del contesto, al contrario, rappresenta il rifiuto globale e radicale di tutta la realtà socio-economica come protesta contro di essa.
<<… L’accettazione mutualistica delle cosiddette Regole rende l’uomo e la donna “liberi” di muoversi in un contesto che li accetta in quanto è proprio il contesto, a sua volta, a essere accettato senza contraddittorio dai protagonisti della vita civile: la società-specchio riflette il comportamento dei suoi attori, a volte deformandolo, altre volte esaltandone o deprimendone impropriamente le sfumature che dovrebbero rimanere tali, andando addirittura al di là degli intenti iniziali. Più ci si muove e si agita il proprio corpo dinanzi a tali specchi sociali e maggiore sarà la deformazione della nostra immagine: il segreto per la tranquillità e per ottenere l’annullamento della critica da parte dei cosiddetti “cittadini produttivi” sembrerebbe essere l’immobilismo cosciente (o ereditato), ovvero l’eliminazione del pensiero alternativo, per alcuni sinonimo di eresia. La contestazione del contesto, al contrario, rappresenta il rifiuto globale e radicale di tutta la realtà socio-economica come protesta contro…
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Recensioni a “Pomeriggi perduti” (work in progress)
Recensioni alla raccolta “Pomeriggi perduti” (Kolibris, 2019), elenco parziale:
“Pomeriggi perduti” su Arte Insieme
“Pomeriggi perduti” su La casa del vento
Nota di Franca Canapini a “Pomeriggi perduti”
“Pomeriggi perduti” su Il Mangiaparole
“Pomeriggi perduti” su Alessandria Today (a cura di Maria Teresa Infante)
Maria Teresa Infante su “Pomeriggi perduti”
“Pomeriggi perduti” su Literary (recensione di Carla Malerba)
“Raccontare il silenzio”. Francesca Innocenzi su “Pomeriggi perduti”
“Pomeriggi perduti” su CertaStampa, a cura di Massimo Ridolfi
Carla Malerba su “Pomeriggi perduti”
Emilio Paolo Taormina su “Pomeriggi perduti”
“Pomeriggi perduti” su Leggere:tutti, numero cartaceo Luglio 2021
Recensione a “Pomeriggi perduti” di Elena Canini (Periodico Daily)
“Pomeriggi perduti”, recensione su Leggere:tutti (Gisella Blanco)
Antonio Fiori su “Pomeriggi perduti” (nota di lettura per Atelier)
Nota di lettura a “Pomeriggi perduti”, a cura di Sara Serenelli (Alma Poesia)
Nota di lettura a cura di Massimo Ridolfi (Letterature Indipendenti)
Lorenzo Spurio su “Pomeriggi perduti”
Giuseppe Scaglione su “Pomeriggi perduti”, per “Correlazioni”
Diego Ghisleni su “Pomeriggi perduti”, per “Aratea Cultura”
Elenia Stefani su “Pomeriggi perduti”
Francesco Innella su “Pomeriggi perduti”
Michele Nigro: “Pomeriggi perduti”, non del tutto (a cura di Federica Gallotta)
Carteggi letterari (Pillole di poesia)
つづく
(ultimo aggiornamento: 30/11/2022)
Per ordinare il libro: QUI!
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Acquistare “Pomeriggi perduti” dal blog…
Vuoi acquistare, a un prezzo vantaggioso (spese di spedizione comprese!), una o più copie della raccolta “Pomeriggi perduti” (Ed. Kolibris, 2019) direttamente dal blog dell’Autore?
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N.B.: si consiglia caldamente di non ordinare il libro tramite i consueti e noti bookstore online (seppur in essi regolarmente presente!) che noi tutti utilizziamo quotidianamente, in quanto la casa editrice della mia raccolta, per stessa ammissione della sua curatrice, non è in grado, vuoi per certe regole contorte e non scritte che stanno alla base dei rapporti tra bookstore e piccole case editrici, vuoi per incompetenza dal punto di vista del marketing della suddetta casa editrice, di gestire la vendita attraverso quei canali. Per ordinare una copia di “Pomeriggi perduti”, si può scegliere tra due soluzioni: o ordinarla qui, all’Autore (fino a esaurimento delle copie in suo possesso), come suggerito in questo post, oppure scrivendo direttamente alla casa editrice, bypassando i summenzionati circuiti di vendita che hanno già dimostrato di essere totalmente inaffidabili.
Grazie per la comprensione!
Michele Nigro
… in regalo il segnalibro della Giornata Mondiale della Poesia
Reduce di pace
Gli abiti usati in battaglia
reclamano azione pura
dagli armadi del tempo,
crollano le eroiche carni
testimoni graffiate di sovrumani
fatti, se immobili e sazie
ritornano vincenti all’amata
dimora dei gesti di pace,
alla pelle di lei, alle promesse,
ai lavori del congedo, alle armi
quotidiane
deposte prima della follia.
Come un dolce tarlo
dopo armistizi sognati
divora la ferma divisa
dei troppi giorni felici.
♦
(ph M. Nigro)
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