View original post 225 altre parole
Mese: luglio 2019
Alessandro Canzian (Laboratori Poesia) su “Pomeriggi…”

“… Michele Nigro in queste pagine affronta, prima del testo, la vita, restando in bilico tra un passato e un presente privi di definizioni. Ne emerge quindi una serie di scatti fotografici volontariamente sgranati, soffusi, non contestualizzabili. Non è poesia civile (esiste ancora?), non è poesia d’amore (anche quando parla d’amore, più sovente di perdita), non è poesia esistenzialista (nonostante ne affronti, inevitabilmente, i temi). È uno sguardo sul mondo e sulla vita che registra non l’oggettività ma l’interpretazione che ne consegue, che accade. E per farlo Nigro si appella alla metafora madre del libro che fin dal titolo trova una sua esplicitazione. Cos’altro è il pomeriggio se non quel momento/limbo che non è più mattina, non è più alba e risveglio, e non è ancora sera, tramonto o inizio della notte? Il pomeriggio (tra l’altro: perduto) diventa la quotidianità che rifugge la falsificazione, la visione idealizzata e romanticizzata, è un muro grigio che dice la vita che è accaduta…”
Per leggere l’intera recensione: qui!
Lib-r-eriamoci su “Pomeriggi…”
“… e la coscienza viva e presente del poeta che ha a che fare innanzitutto con il desiderio di trovare un ordine e un senso a tutto, rabberciando un quadro che il tempo smembra e il dolore che viene dalle cose ci fa spesso vedere opaco.”
Per leggere l’intera segnalazione/recensione: qui!
Archeopsichico Ballard!
Prima dell’avvento di Greta Tumberg…
“Il mondo sommerso”
di J. G. Ballard

View original post 813 altre parole
Carteggi Letterari su “Pomeriggi…”
Ilaria Grasso nella rubrica Pillole di poesia scrive: “… Dal testo rileviamo la presa di posizione contro ciò che il “virtuale” offre. L’io poetante fa volentieri a meno dei filtri (della privacy? solo della privacy?) esercitati da chissà chi utilizzando ciò che la natura gli ha donato: i sensi…”
Per leggere l’intera recensione: qui!
Specchio vs Muro
I muri… quelli buoni!
View original post 329 altre parole
L’afa di Eilat
“… La mia parte assente s’identificava con l’umidità…”
Dedicata a questi giorni di afa in Italia. Incredibilmente la pagina di diario che segue mi è tornata in mente la scorsa notte, non riuscendo a dormire a causa del caldo, tra il 22 e il 23 agosto del 2011: esattamente diciassette anni dopo l’esperienza dell’afa di Eilat. Gli orologi della memoria scattano silenziosamente ma con decisione insonne; seguendo scadenze e anniversari inconsci ci risvegliano dalla monotonia. L’afa israeliana, i corsi e ricorsi della storia personale, la riproposizione dei contenuti e l’inganno delle forme che cambiano, il contrasto tra il turismo stanziale e l’esperienza “di passaggio”, la solitudine alberghiera su uno sfondo paradisiaco, l’osservazione quasi scientifica e morbosa contro la rilassatezza delle comitive di amici, l’inadeguatezza dell’anima e il sentirsi “fuori dal tunnel del divertimento”, la contrapposizione tra deserto e mare, tra la ricerca superiore e il divertimentificio, tra la voglia di essere soli e l’obbligo allo svago… Il capitare quasi…
View original post 871 altre parole
Le donne guardano
Le donne guardano,
con la coda di promesse
dismesse come panni
usati da mani maritali,
guardano una fantasia sulfurea
a volte una salvezza.
Guardano con la dolce malizia
di chi tradisce senza toccare
o lasciarsi espugnare da ignari
candidati all’alternativa del talamo.
Confrontano il passante
con chi dimora al loro fianco,
lampi di sguardi radiografici
catturati da carrozze in fuga,
nessuno conosce il verdetto
se apprezzato o sbeffeggiato,
nascondono verità profonde
dietro le quinte dell’ovvio.
Le donne ti guardano morire,
scelgono un attimo prima
dell’ultimo respiro
se dirti tutto oppure niente.
♦
NiedernGasse su “Pomeriggi…”

Scrive Rosa Riggio nella rubrica Zip della rivista “NiedernGasse”: “… Nigro sa che le parole “usate” e già dette possono essere ancora nuove e farsi canto, non dell’io (“registrare l’universo/ripulendo il segnale dall’io”), ma dei luoghi, della memoria. La poesia è spesso lo spazio in cui si racconta, ma con ritrosia, dicendo dell’attesa o della rinuncia…”
Per leggere l’intera recensione: qui!
La morte ai tempi del postumano
Addio Roy Batty!
“I’ve seen things you people wouldn’t believe.
Attack ships on fire off the shoulder of Orion.
I watched C-beams glitter in the dark near the Tannhauser gate.
All those moments will be lost in time, like tears in rain.
Time to die.”
Roy Batty
La morte ai tempi del postumano
“… E tutti quei momenti
andranno perduti nel tempo
come lacrime nella pioggia…”
(dal film Blade Runner)
Perché moriamo? Da sempre gli esseri umani, andando al di là del semplice vivere fisiologico, si sono posti questa domanda scomoda, ancora oggi orfana di una risposta esaustiva. La consapevolezza della propria esistenza è un fardello evolutivo toccato in eredità all’Homo Sapiens: tutte le esperienze della vita, la musica ascoltata, i libri letti, i panorami che hanno riempito i nostri occhi, i tramonti che hanno suscitato riflessioni, i luoghi geografici esplorati e quelli visitati con la fantasia, i ricordi erotici, gli infiniti…
View original post 4.559 altre parole
Jurij Živago, la morte e il vento…
versione pdf: Jurij Živago, la morte e il vento…
Omar Sharif e suo figlio Tarek Sharif
Può un’unica sequenza contenere il “dna” di un intero film (e addirittura del romanzo da cui trae origine)? Presuntuosamente rispondo di sì. Le inquadrature volute dal regista, la colonna sonora che rinforza la drammaticità speranzosa del momento, le scene che narrano senza l’ausilio di dialoghi il processo evolutivo di un’anima acerba: si ha la fortuna di assistere all’incipit di una nuova poetica…
La scena a cui mi riferisco è quella in cui il piccolo Jurij Andrèevič Živago partecipa ai funerali della madre, nel film di David Lean Il dottor Živago (1965).
Alte montagne innevate fanno da sfondo al movimento microscopico di un piccolo corteo funebre: come a voler mettere subito in chiaro che la grande Madre Russia è testimone silenziosa e paziente della vita “insignificante” dei suoi figli, dei loro moti esistenziali e politici; la…
View original post 1.147 altre parole
Il varco
Il varco non è un luogo, è una condizione dell’anima, un resoconto interiore che non bada al tempo. Certi tasselli esistenziali restano inutilizzati per milioni di anni, poi come per incanto vanno al loro posto a formare immagini esistenti solo nella nostra fantasia. ‘Attendere al varco’ non significa vendicarsi o compiere altri gesti inutili e plateali; si attende al varco con umanità, con serenità e compassione perché pur non essendo luogo fisico il passaggio attraverso di esso avviene de visu, incontrando l’altro (e sé stessi) su questioni sospese, tirando somme senza emettere sciocchi suoni di vittoria, senza utilizzare parole altisonanti, buone solo per discorsi ufficiali.
Colui che sa attendere al varco sa di dover preventivare un periodo, a volte lunghissimo, durante il quale tutto il mondo gli sarà contro, dandogli torto; in alcuni momenti perderà egli stesso la fiducia nella propria visuale, penserà di aver visto male, di essersi sbagliato…
View original post 483 altre parole
Notturno lucano
… per leggere la versione editata e pubblicata di “Notturno lucano”: vedi raccolta “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0)…
Strade deserte e buie di volpi e gatti
imbambolati da fanali e vino
persi in sagre di contrade senza segnali.
Cieli stellati riportano a casa corpi, per caso
l’istinto di strani nasi geografici
spinge su acceleratori primordiali
di macchine prestate alla ricerca del buono.
…
Abbandoni luci sicure di paese
per uscire da mura di appartenenza,
estraneo al gruppo nonostante la rete.
Un puntino luminoso di speranza
scivola morbido e pensieroso
nelle tenebre del ritorno,
la natura avvolge serena l’ego spaventato
al passaggio su asfalti rassegnati.
…
Avventure di notte, senza clamori
solo musiche da restare svegli
percorsi già vissuti, necessari al sapere muto
e sentirsi in gioco nel mondo
vivendo ad oltranza
smarrendo il cammino storico cittadino
in limbi provinciali.
A motore spento diventi viaggiatore delle stelle
dal finestrino vedi l’immenso che ti è concesso,
un istante infinito.
…
Avrei voluto avervi qui
per pisciare tutti insieme su cespugli…
View original post 67 altre parole
Hüzün
… per leggere la versione editata e pubblicata di “Hüzün”: vedi raccolta “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0)…
Un’insperata luce lunare
irrompe da uno squarcio tra le nuvole
illuminando
lembi familiari di solitudine.
Il cielo libero, stellato
ebbro d’aria ventosa
graziato da tempeste in fuga ad est,
celesti luminarie
giungono in ritardo
sulla rassegnata soglia dell’uomo televisivo
ambasciatrici di folli speranze notturne.
Gli occhi d’istinto
abbandonano la terra cara e meschina
gli atavici affanni
seguendo quel tenue richiamo dal cosmo
silenziosa traccia di padri non umani
divini antenati viaggiatori dell’universo.
Senti di non appartenere a questo mondo
inconsapevole tortura è il vivere
di chi vuole tornare a casa.
Nostalgici senza memoria
cercano nell’oscurità del tempo
l’origine di una mancanza.
♦
Hüzün: “… Nel Corano questa parola sta ad indicare lo stato d’animo determinato da una grave perdita spirituale e dal distacco irreversibile da una persona amata. Il concetto è stato ripreso nella filosofia sufi per indicare l’emozione generata dalla consapevolezza dell’incolmabile distanza tra l’uomo e Dio. Tale sentimento…
View original post 23 altre parole