James Koller, il poeta del “bioregionalismo”

N I G R I C A N T E

Un antidoto per combattere gli effetti deleteri di una corsa tecnologica in cui siamo coinvolti nostro malgrado; un metodo pratico per prevenire e forse evitare la cosiddetta “Singolarità Tecnologica”; una filosofia socio-politica e biologica concreta per realizzare la presa di coscienza auspicata dagli “accelerazionisti”; uno stile di vita che va al di là del semplice ambientalismo…
Queste e tante altre le caratteristiche del Bioregionalismo. Anni fa, intervistando uno degli esponenti più interessanti del movimento bioregionalista americano, il poeta James Koller, ebbi la netta sensazione di trovarmi dinanzi a un movimento totale, multidisciplinare e al tempo stesso non applicabile in maniera generalizzata, ma rispettoso delle caratteristiche naturali regionali e realizzabile dopo un lento studio preliminare, caso per caso, comunità per comunità, territorio per territorio. Di seguito vi propongo uno stralcio di quella intervista…

<<[…] Che cos’è il bioregionalismo?
Un’isola ha un perimetro chiaramente definito. Ciò che accade sull’isola, a proposito…

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Alessandro Canzian (Laboratori Poesia) su “Pomeriggi…”

“… Michele Nigro in queste pagine affronta, prima del testo, la vita, restando in bilico tra un passato e un presente privi di definizioni. Ne emerge quindi una serie di scatti fotografici volontariamente sgranati, soffusi, non contestualizzabili. Non è poesia civile (esiste ancora?), non è poesia d’amore (anche quando parla d’amore, più sovente di perdita), non è poesia esistenzialista (nonostante ne affronti, inevitabilmente, i temi). È uno sguardo sul mondo e sulla vita che registra non l’oggettività ma l’interpretazione che ne consegue, che accade. E per farlo Nigro si appella alla metafora madre del libro che fin dal titolo trova una sua esplicitazione. Cos’altro è il pomeriggio se non quel momento/limbo che non è più mattina, non è più alba e risveglio, e non è ancora sera, tramonto o inizio della notte? Il pomeriggio (tra l’altro: perduto) diventa la quotidianità che rifugge la falsificazione, la visione idealizzata e romanticizzata, è un muro grigio che dice la vita che è accaduta…”

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Lib-r-eriamoci su “Pomeriggi…”

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“… e la coscienza viva e presente del poeta che ha a che fare innanzitutto con il desiderio di trovare un ordine e un senso a tutto, rabberciando un quadro che il tempo smembra e il dolore che viene dalle cose ci fa spesso vedere opaco.”

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Archeopsichico Ballard!

Prima dell’avvento di Greta Tumberg…

N I G R I C A N T E

“Il mondo sommerso”

di J. G. Ballard

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È un romanzo che oserei definire psico-climatologico in quanto l’Autore, scrittore all’avanguardia della narrativa inglese e dotato di un accattivante linguaggio scientifico usato con dimestichezza, utilizza futuri (e, purtroppo, non del tutto inverosimili!) scenari cataclismatici, per analizzare gli stadi mentali involutivi di un gruppo di scienziati alle prese con la perlustrazione di città sommerse.
La storia è questa: una sessantina di anni prima dell’epoca in cui si svolgono i fatti contenuti nel romanzo, alcune tempeste solari hanno causato un surriscaldamento globale che a sua volta ha prodotto lo scioglimento dei ghiacci polari e quindi un innalzamento delle acque a livello planetario. Iguane e piante tropicali hanno invaso le costose suite, ormai allagate, di quei grattacieli che una volta rappresentavano il cuore della finanza mondiale e della vita agiata di popolose metropoli.
Ma la fantascienza, come spesso accade, è solo una scusa per…

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Carteggi Letterari su “Pomeriggi…”

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Ilaria Grasso nella rubrica Pillole di poesia scrive: “… Dal testo rileviamo la presa di posizione contro ciò che il “virtuale” offre. L’io poetante fa volentieri a meno dei filtri (della privacy? solo della privacy?) esercitati da chissà chi utilizzando ciò che la natura gli ha donato: i sensi…”

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Specchio vs Muro

I muri… quelli buoni!

N I G R I C A N T E

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Elogio dei muri.
Molti pensano che sia lo specchio a riflettere e a far riflettere (si dice sempre: “mettersi davanti allo specchio” – come quello della strega di Biancaneve che rivela cose, fatti e persone – per interrogarlo e interrogarsi). Invece ho sperimentato negli anni che il vero oggetto riflettente, della riflessione che cambia gli animi, è il muro (non quello ungherese o di Calais: mi riferisco a muri invisibili, psicologici, oserei dire “terapeutici”, a muri che si materializzano interiormente, senza bisogno di malta, nelle persone che vogliamo indurre alla riflessione). Si tratta di muri costruiti dall’assenza, che non permettono più di nutrire il presente con una costante fisicità a volte dannosa. Sono i muri che congelano le sabbie mobili della falsa amicizia assistenzialista, che interrompono la sottovalutazione del prossimo dato per scontato e la conseguente mancanza di rispetto. Sono i muri che realizzano l’autentica assertività, che debellano le competizioni evoluzionistiche tra…

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L’afa di Eilat

“… La mia parte assente s’identificava con l’umidità…”

N I G R I C A N T E

Dedicata a questi giorni di afa in Italia. Incredibilmente la pagina di diario che segue mi è tornata in mente la scorsa notte, non riuscendo a dormire a causa del caldo, tra il 22 e il 23 agosto del 2011: esattamente diciassette anni dopo l’esperienza dell’afa di Eilat. Gli orologi della memoria scattano silenziosamente ma con decisione insonne; seguendo scadenze e anniversari inconsci ci risvegliano dalla monotonia. L’afa israeliana, i corsi e ricorsi della storia personale, la riproposizione dei contenuti e l’inganno delle forme che cambiano, il contrasto tra il turismo stanziale e l’esperienza “di passaggio”, la solitudine alberghiera su uno sfondo paradisiaco, l’osservazione quasi scientifica e morbosa contro la rilassatezza delle comitive di amici, l’inadeguatezza dell’anima e il sentirsi “fuori dal tunnel del divertimento”, la contrapposizione tra deserto e mare, tra la ricerca superiore e il divertimentificio, tra la voglia di essere soli e l’obbligo allo svago… Il capitare quasi…

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Le donne guardano

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Le donne guardano,
con la coda di promesse
dismesse come panni
usati da mani maritali,
guardano una fantasia sulfurea
a volte una salvezza.

Guardano con la dolce malizia
di chi tradisce senza toccare
o lasciarsi espugnare da ignari
candidati all’alternativa del talamo.
Confrontano il passante
con chi dimora al loro fianco,
lampi di sguardi radiografici
catturati da carrozze in fuga,
nessuno conosce il verdetto
se apprezzato o sbeffeggiato,
nascondono verità profonde
dietro le quinte dell’ovvio.

Le donne ti guardano morire,
scelgono un attimo prima
dell’ultimo respiro
se dirti tutto oppure niente.

NiedernGasse su “Pomeriggi…”

Scrive Rosa Riggio nella rubrica Zip della rivista “NiedernGasse”: “… Nigro sa che le parole “usate” e già dette possono essere ancora nuove e farsi canto, non dell’io (“registrare l’universo/ripulendo il segnale dall’io”), ma dei luoghi, della memoria. La poesia è spesso lo spazio in cui si racconta, ma con ritrosia, dicendo dell’attesa o della rinuncia…”

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La morte ai tempi del postumano

Addio Roy Batty!

N I G R I C A N T E

“I’ve seen things you people wouldn’t believe.
Attack ships on fire off the shoulder of Orion.
I watched C-beams glitter in the dark near the Tannhauser gate.
All those moments will be lost in time, like tears in rain.
Time to die.”

Roy Batty

La morte ai tempi del postumano

“… E tutti quei momenti

andranno perduti nel tempo

come lacrime nella pioggia…”

(dal film Blade Runner)

Perché moriamo? Da sempre gli esseri umani, andando al di là del semplice vivere fisiologico, si sono posti questa domanda scomoda, ancora oggi orfana di una risposta esaustiva. La consapevolezza della propria esistenza è un fardello evolutivo toccato in eredità all’Homo Sapiens: tutte le esperienze della vita, la musica ascoltata, i libri letti, i panorami che hanno riempito i nostri occhi, i tramonti che hanno suscitato riflessioni, i luoghi geografici esplorati e quelli visitati con la fantasia, i ricordi erotici, gli infiniti…

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Jurij Živago, la morte e il vento…

N I G R I C A N T E

versione pdf: Jurij Živago, la morte e il vento…

Omar Sharif e suo figlio Tarek Sharif

Può un’unica sequenza contenere il “dna” di un intero film (e addirittura del romanzo da cui trae origine)? Presuntuosamente rispondo di . Le inquadrature volute dal regista, la colonna sonora che rinforza la drammaticità speranzosa del momento, le scene che narrano senza l’ausilio di dialoghi il processo evolutivo di un’anima acerba: si ha la fortuna di assistere all’incipit di una nuova poetica…

La scena a cui mi riferisco è quella in cui il piccolo Jurij Andrèevič Živago partecipa ai funerali della madre, nel film di David Lean Il dottor Živago (1965).IL-DOTTOR-ZIVAGO

Alte montagne innevate fanno da sfondo al movimento microscopico di un piccolo corteo funebre: come a voler mettere subito in chiaro che la grande Madre Russia è testimone silenziosa e paziente della vita “insignificante” dei suoi figli, dei loro moti esistenziali e politici; la…

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Il varco

N I G R I C A N T E

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Il varco non è un luogo, è una condizione dell’anima, un resoconto interiore che non bada al tempo. Certi tasselli esistenziali restano inutilizzati per milioni di anni, poi come per incanto vanno al loro posto a formare immagini esistenti solo nella nostra fantasia. ‘Attendere al varco’ non significa vendicarsi o compiere altri gesti inutili e plateali; si attende al varco con umanità, con serenità e compassione perché pur non essendo luogo fisico il passaggio attraverso di esso avviene de visu, incontrando l’altro (e sé stessi) su questioni sospese, tirando somme senza emettere sciocchi suoni di vittoria, senza utilizzare parole altisonanti, buone solo per discorsi ufficiali.

Colui che sa attendere al varco sa di dover preventivare un periodo, a volte lunghissimo, durante il quale tutto il mondo gli sarà contro, dandogli torto; in alcuni momenti perderà egli stesso la fiducia nella propria visuale, penserà di aver visto male, di essersi sbagliato…

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Notturno lucano

… per leggere la versione editata e pubblicata di “Notturno lucano”: vedi raccolta “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0)…

N I G R I C A N T E

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Strade deserte e buie di volpi e gatti

imbambolati da fanali e vino

persi in sagre di contrade senza segnali.

Cieli stellati riportano a casa corpi, per caso

l’istinto di strani nasi geografici

spinge su acceleratori primordiali

di macchine prestate alla ricerca del buono.

Abbandoni luci sicure di paese

per uscire da mura di appartenenza,

estraneo al gruppo nonostante la rete.

Un puntino luminoso di speranza

scivola morbido e pensieroso

nelle tenebre del ritorno,

la natura avvolge serena l’ego spaventato

al passaggio su asfalti rassegnati.

Avventure di notte, senza clamori

solo musiche da restare svegli

percorsi già vissuti, necessari al sapere muto

e sentirsi in gioco nel mondo

vivendo ad oltranza

smarrendo il cammino storico cittadino

in limbi provinciali.

A motore spento diventi viaggiatore delle stelle

dal finestrino vedi l’immenso che ti è concesso,

un istante infinito.

Avrei voluto avervi qui

per pisciare tutti insieme su cespugli…

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Hüzün

… per leggere la versione editata e pubblicata di “Hüzün”: vedi raccolta “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0)…

N I G R I C A N T E

The Looking Glass

Un’insperata luce lunare

irrompe da uno squarcio tra le nuvole

illuminando

lembi familiari di solitudine.

Il cielo libero, stellato

ebbro d’aria ventosa

graziato da tempeste in fuga ad est,

celesti luminarie

giungono in ritardo

sulla rassegnata soglia dell’uomo televisivo

ambasciatrici di folli speranze notturne.

Gli occhi d’istinto

abbandonano la terra cara e meschina

gli atavici affanni

seguendo quel tenue richiamo dal cosmo

silenziosa traccia di padri non umani

divini antenati viaggiatori dell’universo.

Senti di non appartenere a questo mondo

inconsapevole tortura è il vivere

di chi vuole tornare a casa.

Nostalgici senza memoria

cercano nell’oscurità del tempo

l’origine di una mancanza.

Hüzün: “… Nel Corano questa parola sta ad indicare lo stato d’animo determinato da una grave perdita spirituale e dal distacco irreversibile da una persona amata. Il concetto è stato ripreso nella filosofia sufi per indicare l’emozione generata dalla consapevolezza dell’incolmabile distanza tra l’uomo e Dio. Tale sentimento…

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