Il varco non è un luogo, è una condizione dell’anima, un resoconto interiore che non bada al tempo. Certi tasselli esistenziali restano inutilizzati per milioni di anni, poi come per incanto vanno al loro posto a formare immagini esistenti solo nella nostra fantasia. ‘Attendere al varco’ non significa vendicarsi o compiere altri gesti inutili e plateali; si attende al varco con umanità, con serenità e compassione perché pur non essendo luogo fisico il passaggio attraverso di esso avviene de visu, incontrando l’altro (e sé stessi) su questioni sospese, tirando somme senza emettere sciocchi suoni di vittoria, senza utilizzare parole altisonanti, buone solo per discorsi ufficiali.
Colui che sa attendere al varco sa di dover preventivare un periodo, a volte lunghissimo, durante il quale tutto il mondo gli sarà contro, dandogli torto; in alcuni momenti perderà egli stesso la fiducia nella propria visuale, penserà di aver visto male, di essersi sbagliato…
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