Passi notturni

(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

N I G R I C A N T E

 

Vento di frecce gelate

finestre chiuse per paura

lento come trecce legate

ginestre muse di calura.

Di giorno schivo traffico

gironi di bollette e calunnie

ritorno privo e mastico

bocconi di saette e paturnie.

Ma la notte, di notte

pregiudizi dormienti

mele cotte e ricotte

per più vizi e tormenti.

Ritrovo prospettiche perse

colonna sonora di passi

un rovo d’isteriche gerse

di donna che dimora tra sassi.

L’odio diventa pace.

(1° coro:“Materialismo hegeliano!”)

Podio di lenta brace.

(2° coro:“Onanismo freudiano!”)

 

Libero da sguardi, guardo

deserti angoli di libertà

suoni di fontana in lontananza

tuoni di lontana somiglianza.

Incerti trampoli di verità

albero di dardi. Io, bardo…!

View original post

Passi notturni: i prodromi

(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

N I G R I C A N T E

luci-nella-pioggia

Fredda oscura notte

su strade deserte

vago tra persiane chiuse

come occhi stanchi

da calunnie e dolori non mortali.

Pregiudizi assopiti

alzo gli occhi da terra

per notare le cose

che di giorno ignoro.

Resto in compagnia di me

ritrovando la calma,

per una pace

destinata a perire

al sorgere del sole.

Cani ossomani fugaci

come raffiche di gelido vento

democratici silenzi

tremolanti bagliori

di città remote e vicine.

Romantici viaggi della mente

in possibili futuri.

Bettole di luppolo e rock.

(2005)

“Passi notturni”

View original post

Lo spazio umano

soylentnature

“Lo spazio umano”

(Educazione al bel ritorno)

Abbiamo goduto alla vista della natura, fatta di piante e animali, che riconquistava quegli spazi occupati dalla prepotente attività umana; ci è piaciuto rivedere i delfini nei porti, l’erba in una Piazza Navona “post apocalittica”, le anatre e i daini camminare per strada al posto nostro, la discesa dei cinghiali nelle metropoli, le meduse e i cavallucci marini in acque calme, le tanto minacciate api… e altri rappresentanti di questa “Arca di Noè di ritorno”. È stato bello e sorprendente annusare di notte l’odore di erba fresca, proveniente dai parchi chiusi, che prendeva il posto del tanfo dei gas di scarico delle auto immobili; purtroppo abbiamo potuto apprezzare tutto questo non perché finalmente abbiamo cambiato vita e ci siamo resi conto del male che stavamo facendo al nostro ambiente, no. Siamo stati costretti a cedere i nostri spazi, a stare fermi per causa di forza maggiore, e nella tragedia (mentre le gente moriva negli ospedali) abbiamo potuto sperimentare la differenza: apprezzare come sarebbe il mondo se l’essere umano fosse in grado di limitarsi, di riappropriarsi dei propri spazi in maniera sobria, di avere un approccio ridimensionato con la biosfera, di stare al mondo senza sgomitare, prevaricare, inglobare, abbattere, schiacciare, stravolgere, deturpare.
Ora che le limitazioni per causa di forza maggiore stanno lentamente finendo e l’uomo ritorna, ahimè, a rioccupare i propri spazi, proprio in virtù della differenza avvertita durante il lockdown, dovremmo chiederci, dovremmo imporci di chiedere a noi stessi: quali sono veramente gli SPAZI UMANI? Le discoteche, i bar, i cinema, le autostrade, le scuole, le spiagge, le chiese? Sì, anche quelli: ne abbiamo bisogno; fanno parte di noi, di questa specie “unica”, della nostra evoluzione tecnologica, delle nostre abitudini “culturali” acquisite negli anni, nei secoli, nel corso dei millenni. Anche se l’antropologo Marc Augé c’ha insegnato che trattasi di non-lieu, “non-luoghi” ovvero di luoghi che, sì, frequentiamo, occupiamo momentaneamente, ne usufruiamo sentendoli nostri, ma che di fatto non c’appartengono, non li possediamo profondamente, non fanno parte della nostra vita, della nostra storia personale se non in maniera indiretta.
“Luogo”, allora, è la nostra abitazione? Certo: a differenza della sala d’attesa di un aeroporto, è modellata a nostra immagine, l’arrediamo in base al nostro gusto, la riempiamo di oggetti che fanno parte della nostra esistenza ed esperienza. Ma che fine fa quell’abitazione quando termina il nostro ciclo di vita su questa terra? Ci segue nell’aldilà? Non proprio. Anche la nostra abitazione (così come il nostro pianeta), che tanto abbiamo amato e che è intrisa del nostro vissuto e che vogliamo credere c’appartenga in eterno, andrà a soddisfare le esigenze abitative di altri individui dopo di noi, forse di lontani parenti o addirittura di estranei. In alcuni casi l’abitazione viene abbattuta quando troppo mal ridotta e non è possibile restaurarla. Alla fine, quindi, nulla c’appartiene, neanche il nostro corpo che dopo morti lasciamo qui, nella terra, perché servirà a creare altre energie, nuovi legami chimici e a costruire altra materia. Viviamo in “spazi di passaggio”. Tutto è impermanente.
Allora di quali spazi umani da rioccupare stiamo parlando sulla scia di questa quarantena? Forse di “spazi interiori”, immateriali, quelli sì invendibili, non cedibili a terzi, immortali, eterni, irripetibili? Chissà. Una risposta definitiva non c’è, non può esserci: al di là degli sforzi di filosofi e uomini di fede. In fin dei conti, ed è onesto che sia così, ognuno ha una risposta che vale per se stesso. Ma nel frattempo, come pensiamo di nutrire questi spazi umani interiori? Durante la quarantena molti di noi hanno cercato, nonostante tutto, di frequentare il bello con vari mezzi: la lettura, la musica, il buon cinema, il web in generale e i “social” che amplificano le nostre frequentazioni positive e costruttive…

Continua a leggere “Lo spazio umano”

Combattere la Mafia…

falcone_borsellino_biografia-breve_due-minuti-di-arte

Come si combatte l’illegalità e quindi la mafia? Voi direte, giustamente, sequestrando beni, arrestando esponenti della Cupola, indagando, spezzando reti, stanando latitanti, sfruttando le rivelazioni dei pentiti, intercettando, investigando, “seguendo il denaro”, allestendo maxi-processi, emettendo sentenze, facendo Giustizia… Tutti provvedimenti attuabili e di fatto attuati dalle istituzioni, dalle forze dell’ordine, dallo Stato, e che fanno notizia.
Poi ci sono provvedimenti privati, sottotraccia, quasi banali ma che banali non sono, scelte personali che non fanno notizia, all’apparenza ridicole se pensiamo alla mafia solo come a un’organizzazione che spara e uccide e non innanzitutto come a un “atteggiamento”, a una “dittatura bianca” delle coscienze che si presenta in giacca e cravatta con piglio dirigenziale.

Continua a leggere “Combattere la Mafia…”

Servizio numeri arretrati rivista “Nugae”

È sempre sorprendente e motivo di soddisfazione personale quando, a distanza di 11 anni dalla pubblicazione dell’ultimo numero, qualche lettore imperterrito ancora acquista copie arretrate (quelle sopravvissute al tramonto della carta e dell’entusiasmo, e gelosamente conservate in “magazzino”) della rivista letteraria “Nugae” che ho avuto il piacere di curare per un periodo della mia vita: per me fu un’esperienza formativa e informativa (in qualità di direttore editoriale e di autore), oserei dire “segnante”; per qualche lettore, evidentemente, rappresenta ancora una valida lettura da recuperare, se non altro per motivi “archeologici”.
Grazie!

AVVISO AI LETTORI!

LA RIVISTA “NUGAE” HA TERMINATO LA PUBBLICAZIONE DAL 2009.

IL N.11 È ESAURITO!

N I G R I C A N T E

copertina nugae DEFINITIVASono ancora disponibili copie cartacee dei numeri 11, 13, 14, 15, 16 della rivista letteraria trimestrale “Nugae – scritti autografi”, per soddisfare la curiosità e l’interesse letterario di feticisti, collezionisti, studiosi, archeologi editoriali, ricercatori, autori collaboratori coinvolti all’epoca, semplici simpatizzanti…

———–

NUMERI ARRETRATI:

disponibilità

n.11n.13n.14n.15n.16

(Prezzo per Acquirenti Paypal:

1 copia = € 4,00 + € 2,00 spese postali)

Segnalare in Redazione il numero arretrato acquistato.

Per avere più copie di un numero, verificare la disponibilità della quantità desiderata prima di effettuare il pagamento scrivendo a:

scrittiautografi@virgilio.it

tolkien COPERTINA N.16

View original post

Satollite

Ciao Michel!

(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

N I G R I C A N T E

“Mangia. Mangia piccolo Michel, mangia.

Se non mangi non puoi morire.”

(dal film “La grande abbuffata” di Marco Ferreri)

news_img1_65539_abbuffata

Fuggi lontano in compagnia di un digestivo morale

verso terre anoressiche e senza cibo

mentre un satellite satollo

controllato da forze gastriche inerziali

orbita intorno al pianeta Tavola.

Il corpo saziato dalle feste comandate (ma da chi?)

si aggira in cerca dell’anima sfrattata dal gusto,

armate di trigliceridi in tenuta ischemica

occupano le nude piazze arteriose dell’essenza.

Spiriti non spirituali e leccornie per condannati a morte

annebbiano gli alti propositi dei digiuni falliti.

L’autodigestione dell’Occidente

ricomincia così, come ogni anno

da una grande abbuffata

tra schiamazzi untuosi e finte bollicine

inutili discorsi a nazioni in declino

e colpi di pistola alla tempia del mondo

coperti dai botti colorati della speranza.

View original post

Giordano

GiordanoBruno1973

C’è una poesia povera e lercia
che nasce con parole di strada,
somiglia al lamento dei vicini
ululante come vento sotto la porta

infastidisce all’inizio
per l’angoscia che dà
poi t’innamori del suo odore
del tuo essere uguale
al finto rifiuto del primo
conoscersi, approccio da bar
tocco casuale di mani sulla pista da ballo

a quel dipanarsi di sussurri
volgari ma pieni di fascino
inspiegabile ritmo interiore

abituato a musiche solitarie
riesce a dire cose importanti
mentre ancora tentenni
sull’ultimo verso della sera.

Ho sempre salvato dal fuoco
le parole degli eretici, dei condannati
degli espulsi, degli arsi vivi
come vivo di futura speranza
il loro sguardo ribelle,
scomodo, nemico instabile.

Non coincide il bel suono
con l’animo bestemmiatore
del poeta prigioniero,

è già pronta la pira
che non fonderà le sue catene.

Poesie minori. Pensieri minimi, volume 2

copertina-word-A4-VOL.2

[…] Questa seconda silloge, creata con “materiali di risulta”, come è stato per la prima pubblicata nel 2018, non vuole essere un ostentato elogio della brevità (perché in alcuni casi, pochi in realtà, non si troverà un testo breve) ma il tentativo di definire questo confine, mescolando poesie minori con pensieri minimi, senza fornire indicazioni per distinguere le une dagli altri. Sarà il lettore a separare, in base alla propria sensibilità ed esperienza, le poesie-pensiero dai pensieri poetici. Qualora ve ne fossero. Poesie e pensieri non sprovvisti di ironia, di un piglio dissacratorio, severo, lapidario, a volte rabbioso, di sfumature irriverenti, di parole eccessivamente “quotidiane”. Correndo il rischio di essere sottovalutati o fraintesi, anche se tutto è già stato previsto. Perché, forse, rischia di prendersi troppo sul serio solo chi non sa cogliere nell’apparente banalità la potenziale lungimiranza di un messaggio breve o scanzonato.

Non lasciatevi ingannare dalla gratuità della distribuzione di questa silloge: quando accettiamo un dono, in realtà cediamo all’Autore del regalo una piccola porzione della nostra anima; mentre sorridiamo o riflettiamo tra un pensiero leggero e l’altro, lo abbiamo già ripagato con una moneta che non appartiene a questo mondo.

(dalla Premessa)

[…]

Salutarsi prima delle ferie
è solo un modo di dire,
si continua a stare nel centro trafficato
del cuore agitato d’inverno
anche lontani mille miglia
dalla sciagura dell’esserci.

Ma come fa ogni volta Settembre
a salvarci dall’incuria dell’estate?
Quale magia ci riporta indietro
nel ricordo delle cose sensate?

[…]

DOWNLOAD:

versione pdf gratuita: Poesie minori. Pensieri minimi – volume 2

Per leggere Poesie minori. Pensieri minimi – volume 1: QUI!

Fuga in avanti

(tratta da “Nessuno nasce pulito”, ed. nugae 2.0 – 2016)

N I G R I C A N T E

10917092_337533286446404_1267009996011395277_n

Spostarsi in avanti con il corpo

a seguire una mente già libera

in viaggio da secoli

attraverso spazio e tempo.

Figure care e pesanti mi rallentano, parole inutili,

schemi abituali, gesti prigionieri di un déjà vu

abbandonati con naturalezza

lungo la strada, per sopravvivere.

Il desiderio di diventare sordo all’oggi

estremo atto liberatorio,

l’onda d’urto dell’insoddisfazione

proietta vestigia ancora calde

verso probabili futuri.

Dietro di te involucri

di esistenze pregresse

come conchiglie frantumate

su spiagge interiori.

View original post

“Racconti di fantascienza” di Alessandro Blasetti

“… Il processo di separazione della fantascienza dal mainstream, dal 1979 ad oggi, è stato lentamente ma inesorabilmente realizzato: anche se attualmente si parla tanto di diluizione della fantascienza in altri generi letterari e di innesti tra narrativa sci-fi e altri filoni legati al vasto mondo della creazione fantastica e non… Il problema non è trovare nuove soluzioni per ibridare un genere già da tempo in crisi, ma riuscire a presentare e spiegare in maniera normale e disinvolta una serie di temi, quelli fantascientifici, ad un pubblico che sembrerebbe non avere più gli strumenti necessari per “chiedere” o per sperimentare, e a cui non si ha più il coraggio di proporre “cose antiche” ma che sarebbe utile rispolverare…”

N I G R I C A N T E

Può la televisione del passato essere superiore a quella attuale dal punto di vista dei contenuti? La risposta, quasi scontata, è sì! E ne ho le prove. Racconti di fantascienza” di Alessandro Blasetti (regista già noto al pubblico italiano per lavori cinematografici non fantascientifici, anche se la produzione di Blasetti è caratterizzata fin dagli esordi da una interessante eterogeneità) è il titolo di un programma televisivo in tre puntate mandate in onda su Rai Due nel 1979 e rappresenta un esempio di televisione ormai estinta e non soggetta alle dure leggi dell’omologazione mentale, come accade invece nella ipervitaminica e digitalizzata televisione del terzo millennio. Una televisione, quella del programma di Blasetti, ingenua, grossolana, forse approssimativa e per certi versi “rozza” ma efficace, diretta ed entusiasta della propria funzione propositiva. Ho avuto il piacere, recentemente, di rivedere le tre puntate e devo dire che ogni tanto “fa bene alla salute”…

View original post 528 altre parole

“Wonderland”: il fantastico in tv

Vedo che lo mandano ancora in onda su Rai4, anche se forse sono cambiate alcune cose rispetto alla stagione di quando scrissi questo post… Trasmissione sempre interessante e stimolante, ricca di spunti e di rimandi a letture: prova che televisione e letteratura possono ancora convivere felicemente nonostante certa spazzatura in prima serata.

N I G R I C A N T E

Tempo fa, in un post intitolato “Racconti di fantascienza” di Alessandro Blasetti, scrissi una frase percorsa da una vena di pessimismo: <<Francamente non so se torneranno epoche simili dal punto di vista televisivo: la situazione attuale, facendo zapping tra gli innumerevoli canali del nuovo e tanto esaltato digitale terrestre, non mi permette di sperare in nulla di positivo. Le regole ferree di un mercato televisivo sempre più schiavo dello share (e rappresentativo, purtroppo, dello stato culturale e mentale medio nazionale) non offrono spiragli attraverso cui introdurre certi sperimentalismi…>> Facevo questi cattivi pensieri nel maggio del 2010, in tempi non sospetti, un anno prima circa della messa in onda di “Wonderland”, il magazine settimanale di Rai 4 dedicato al genere fantastico ideato da Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer. Nato come rubrica di supporto alla programmazione cinematografica di Rai 4, in realtà “Wonderland” è un prodotto…

View original post 268 altre parole

Dedicato a Vittorio “Vik” Arrigoni

Dedicato agli Arrigoni, alle Silvia Romano, ai Giulio Regeni, ai “selecercatisti”, a chi non si fa i cazzi propri…

(tratto da “Viaggio in Israele” di Michele Nigro)

N I G R I C A N T E

16-08-1994

Il muezzin di Betlemme è già a lavoro…

La camera 305 dello Star Hotel è bellissima. Forse il mio entusiasmo è eccessivo, ma dopo aver dormito su ponti di navi e letti di fortuna, questa stanza (al di là della sobria e comodissima stanza al ‘Casanova’ di Gerusalemme) mi appare come una reggia. Ci sono molti piani in questo albergo e ad una prima occhiata sembrerebbe “disabitato”: non ho visto altri turisti nell’atrio o sui piani come dovrebbe essere in un normale albergo. Forse sono tutti turisti che si svegliano con il canto del gallo oppure non è un albergo ‘gettonato’ a causa del territorio ‘difficile’ in cui sorge. Andiamo nella sala da pranzo che offre, grazie ad un’ampia vetrata, uno spettacolare panorama su Betlemme. E’ bello fare colazione guardando dall’alto ciò che ti aspetta. Facciamo colazione e nella sala siamo in tre. In un tavolo non molto lontano…

View original post 1.790 altre parole

Distanziamento sociale nel film “The Village”

Pubblicata tre anni fa sul sito L’Ottavo.it con il titolo “The Village e le paure dell’America di oggi”, questa breve recensione filmica potrebbe offrirsi a una rilettura in chiave “post-covid”, passando dal simbolismo trumpiano di un nemico costruito per motivi geopolitici, economici e di conseguenza elettorali interni, a un’esigenza reale, attualissima, scientifica e culturale al contempo; alla realizzazione di quello che abbiamo imparato a definire in questi mesi “distanziamento sociale”. Non più visti come disvalori, punizioni corporali, torture psichiche ma addirittura – moderatamente, senza esagerare! – come opportunità per una preziosa riscoperta di visuali alternative finora trascurate, il distanziamento sociale di tipo nazionale, l’autoisolamento turistico, la quarantena dalle abitudini consumistiche e dalla moda comportamentale, potrebbero rappresentare interessanti punti di partenza non per un arroccamento misantropico tendente al sociopatico o per scadere in un provincialismo esasperante e miope di stampo sovranista o in una quaccherizzazione della socialità, bensì per una salutare ricerca inedita nelle terre interne dell’inconsueto, per una valorizzazione di quei territori culturalmente sottovalutati, delle snobbate distanze brevi, per una risalita delle correnti fino alla fonte di ciò che pensiamo di conoscere e che invece abbiamo rimosso dai nostri itinerari interiori ed esteriori.

Saggio è in questi giorni l’invito, politico e culturale, a una riscoperta del nostro paese; non si tratta di “patriottismo” economico, di una sollecitazione fascistissima a un “consumismo interno”; c’è di più: è un invito a volersi bene non come mero atto buonista, a proteggersi l’un l’altro, a coltivare un senso d’appartenenza stavolta non deleterio, non uniformante, a riscoprire il “villaggio Italia” perché in questo periodo d’emergenza abbiamo capito che, nonostante la globalizzazione, nonostante le difficoltà interne e le bassezze di certi nostri connazionali, non ci si salva che da soli, da dentro in qualità di nazione, dall’interno del bosco, o meglio, passando al bosco (non per forza in termini addirittura jungheriani), lì dove vivono gli altri membri della nostra comunità, senza attendere aiuti esterni o interventi romantici e idealistici da parte di comunità immaginarie, all’atto pratico inesistenti o ritardatarie (vedi quella europea). 

È bello stare al caldo, affidarsi a riti sicuri e regole salde, accolti dal morbido abbraccio di una coperta comunitaria in cui tutto sembra riproporsi come nuovo, spinti dall’onda emotiva di una inflazionata ripartenza; anche se conosciamo la corruttibilità dell’animo umano, anche se per un po’ torneremo a riscoprirci senza coltivare illusioni a lunga percorrenza. Presto questi riabilitati gesti conservativi verranno nuovamente messi da parte: prima o poi, tra una fase e l’altra, ritorneranno di moda l’audacia e l’esotismo. E con essi forse, anzi sicuramente, anche una buona dose di stupida normalità.

locandina

“The Village”

(2004)

regia di M. Night Shyamalan

 

Dividerei la trama di questo interessante thriller psicologico in due momenti principali: quello dell’incanto e quello di un necessario e imprevisto disincanto. La storia si svolge a Convigton, un villaggio nella Pennsylvania del XIX secolo, la cui popolazione vive in serenità, protetta da regole nate insieme al villaggio, circondata da un bosco in cui è vietato inoltrarsi: un antico accordo di reciproca “non invadenza” ha confermato negli anni una pacifica convivenza con le creature misteriose che lo abitano. L’incanto consiste proprio nel credere in questo accordo e nella paura su cui è fondato, nelle regole stabilite dagli anziani della comunità che assicurano a tutti un’esistenza in equilibrio con la natura, con la tradizione che non offre spiacevoli sorprese. Ma il male, la gelosia, la curiosità, sono caratteristiche insite nell’essere umano, anche nel più puro, in quello coltivato sotto la serra dell’innocenza.

Lucius, uno dei giovani del villaggio, introverso e ribelle, è innamorato di una ragazza non vedente, Ivy, figlia di uno dei più autorevoli e influenti anziani fondatori del villaggio. Anche Noah, giovane affetto da turbe mentali, si è invaghito di Ivy e in preda alla gelosia accoltella Lucius. Ed è da questo preciso istante che inizia la fase del disincanto: per salvare la vita di Lucius occorrono farmaci che è possibile trovare solo in una fantomatica città al di là del bosco, fino a quel momento irraggiungibile – e di fatto mai raggiunta da nessuno degli abitanti – a causa dei divieti che circondano Convigton.

Ivy, pur essendo cieca, si offre per andare in città: il padre, infrangendo la regola cardine che assicura tranquillità al villaggio, svela a Ivy che le creature innominabili abitanti il bosco proibito sono in realtà un’invenzione degli anziani per tenere lontani gli altri covillici dalla cosiddetta civiltà. Forte di questa rivelazione sconvolgente, Ivy raggiunge la fine del bosco e finalmente entra in contatto con un primo abitante della città: la sua cecità non le permetterà di accorgersi che quel cittadino incontrato per caso è un ranger del XX secolo e che il suo villaggio sorge all’interno di una foresta protetta, consentendole di restare “vergine” dopo l’incontro col mondo.

Continua a leggere “Distanziamento sociale nel film “The Village””

Non abito più qui

tratta da “Nessuno nasce pulito” (ed. nugae 2.0 – 2016)

https://www.facebook.com/nessunonascepulito/posts/698316290335528:0?tn=K-R

N I G R I C A N T E

10622768_10152863789365934_4317865554740192901_n

Ho provato a indossare

un abito di quand’ero giovane,

antichi gesti sociali, maschere

a me familiari

ridicole manovre disinvolte

per rientrare in spazi mentali

che non mi appartengono più.

Pensieri dalle forme sgraziate

si adattano a grezzi tessuti morali.

Spinti da tragiche nostalgie

ritornano comportamenti

depositati nei caveau del passato,

riesumo l’ingiallito copione

di un personaggio in disuso

ne ricordo ancora le azioni di scena

le rivivo senza comprendere

il perché di questo recupero

e realizzo così

la distanza maturata negli anni.

Allo specchio

non mi riconosco,

la libera pelle di oggi

pulsa indispettita.

Le querce non rimpiangono

le foglie cadute sulla strada

calpestate dalle ruote del tempo,

se ne occuperà

un coraggioso vento

proveniente dal mare dei naviganti a vista.

View original post