Vinicio Capossela nel paese dei coppoloni

N I G R I C A N T E

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Lo so, ora siete tutti presi dal successo ai botteghini del film di Checco Zalone e vi starete ancora piegando dalle risate per le sarcastiche sferzate che il geniale comico barese ha inflitto alle italiche debolezze, ma desidero tentare ugualmente di buttare giù alcune considerazioni riguardanti una pellicola che certamente non avrà le fortune economiche di Zalone (e come potrebbe in soli due giorni di programmazione nelle sale?) e che merita un altro tipo di analisi e di apprezzamento. E nel farlo contrapporrò alla domanda “Quo vado?” formulata da Checco Zalone, scimmiottando il titolo di un famosissimo kolossal del ’51, un’altra ben più consistente e profonda che Vinicio Capossela porge insistentemente a se stesso e agli spettatori nel corso del suo film intitolato “Vinicio Capossela – Nel paese dei coppoloni” (e ispirato al romanzo – “Il paese dei coppoloni” – scritto dall’artista di origine irpina): <<Chi siete? A chi appartenete? Cosa andate cercando?>>

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