“Santa Maria della Scala”, un progetto fotografico di Federico Pacini

N I G R I C A N T E

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Tempo fa scrissi in “Elogio del recupero”: <<Restaurare le cose ci rende migliori. Riacquistiamo il ritmo giusto ed educhiamo il nostro corpo all’attesa riflessiva. Siamo liberi di decidere come utilizzare il nostro tempo e la materia inerte che incontriamo lungo il cammino. Il recupero possiede in sé anche un significato politico (non ideologicamente inteso): la “semplice” scelta culturale diventa scelta politica controcorrente. La fregola consumistica consigliata e incoraggiata dai nuovi dittatori viene sconfitta dalla chiave inglese e dal cacciavite. Ridiventare padroni di sé, del proprio tempo e degli oggetti dimenticati in attesa di resurrezione. Riscrivere l’elenco dell’utile e dell’inutile seguendo i rispolverati canoni qualitativi della vita reale. La poetica degli oggetti in disuso contro la stupidità dell’Occidente, contro l’arroganza dei velinismi tecnici ed estetici, contro il grasso che cola sullo scheletro di una filosofia perdente ma imperante.>>

Sfogliando l’ultima pubblicazione fotografica di Federico Pacini intitolata “Santa Maria della Scala”

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L’incontro

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Lei chiese: “Perché tanta importanza per un seno?”

Lui rispose: “Se tu conoscessi la risposta saresti me, uomo, e non più te stessa, donna che vuole, e va verso chi donna non è!”

Il sesso non è altro che l’incontro insensatamente focoso, e per questo meraviglioso, tra due incomprensioni. Una tregua dal chiedersi razionalmente come funziona l’istinto dell’altro. E a fidarsi, a lanciarsi in un vuoto piacevole, a ripercorrere la curva perfetta disegnata da Dio col suo compasso genetico, a perdersi nella spirale cosmica di un tantra matematico, seguendo la natura di chi desidera parti di noi, lasciandolo fare, dandogli carta bianca…

Raggiunto il culmine di questo scambio di umori, ognuno torna a farsi domande scomode sull’altra metà, nel silenzio intrigante di una atavica curiosità.